Condiscepoli di Agostino
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Cristo ci ha salvati con il segno dell’umiltà: la croce

Agostino commenta ai suoi fedeli di Ippona il Vangelo di Giovanni. Tratto per tratto. Nel suo terzo incontro commenta il testo: “Dalla sua pienezza abbiamo ricevuto grazia su grazia”. Quale grazia? La salvezza, grazie all’umiltà subita mediante la croce: “Siamo uomini cristiani. E se cristiani, certo con lo stesso nome, appartenenti a Cristo. Portiamo sulla fronte il suo segno, del quale non ci vergogniamo, se lo portiamo anche nel cuore”...

Parole chiave: Condiscepoli di Agostino (104), Aforismi (58), Sant'Agostino (191)
Cristo ci ha salvati con il segno dell’umiltà: la croce

Agostino commenta ai suoi fedeli di Ippona il Vangelo di Giovanni. Tratto per tratto. Nel suo terzo incontro commenta il testo: “Dalla sua pienezza abbiamo ricevuto grazia su grazia”. Quale grazia? La salvezza, grazie all’umiltà subita mediante la croce: “Siamo uomini cristiani. E se cristiani, certo con lo stesso nome, appartenenti a Cristo. Portiamo sulla fronte il suo segno, del quale non ci vergogniamo, se lo portiamo anche nel cuore”. E qual è il suo segno? “Il suo segno è la sua umiltà” (“Signum eius, humilitas eius”). Poteva scegliere altri segni! Ad esempio quello dei Magi: “I Magi lo riconobbero attraverso la stella. Non ha voluto tuttavia che sulla fronte dei fedeli ci fosse una stella come suo segno, ma la sua croce. Là dove è stato umiliato, lì è stato glorificato; di lì ha innalzato gli umili, dove Egli era disceso umiliato”.

Gesù Cristo, precisa Agostino, ha affrontato la croce come strumento di salvezza dal momento che la Legge mosaica ne era incapace. In effetti, la Legge era in grado di segnalare i peccati, ma non di toglierli. Fu solo presunzione quella degli uomini, malati di superbia, di salvarsi con le sole loro forze, cioè di compiere ciò che era contenuto come precetto da osservare nella Legge. Per questo Agostino, guardando in faccia i suoi ascoltatori, precisa: “Venga il medico e risani i malati”. Intuendo le obiezioni dei fedeli, che fa sue, Agostino si chiede perché Gesù non ha dimostrato stando sulla croce la sua potenza, vincendo le sfide dei suoi crocifissori: “Scenda dalla croce e gli crederemo!”? Ecco la risposta: “Sopportò coloro che lo insultavano. Ha preso la croce non come documentazione di potenza, ma come esempio di pazienza”. Di fatto, è venuto colui che era intenzionato non a punire il peccato, ma a perdonare i peccati. E ciò per pura grazia sua, non per alcun merito dell’uomo. Insiste su questo aspetto per rispondere ai pelagiani che erano convinti di essere dei creditori di Dio, non dei debitori. Pensavano di salvarsi da soli, senza la grazia di Cristo crocifisso. In concreto, pensavano di attendere una loro ricompensa per il bene compiuto. Agostino avverte, invece, i fedeli di attendersi solo i premi promessi da Dio, come la grazia e la verità e di non pretendere da Dio nulla in cambio della loro religiosità: “Ecco, io venero Dio, ogni giorno corro in chiesa, i miei ginocchi sono consumati nelle orazioni e sono continuamente ammalato!”.  Conclude Agostino: “Non amare Dio per il premio. Egli stesso sia il tuo premio!”.

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