Condiscepoli di Agostino
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Il vero mediatore della felicità è Gesù Cristo

Agostino introduce la sua riflessione sulla felicità, che tanta parte occupa nella sua opera, mettendo in chiaro la necessità di un mediatore di vera felicità: Gesù Cristo, Dio e uomo. È questa la vera novità che si vive nella città di Dio...

Agostino introduce la sua riflessione sulla felicità, che tanta parte occupa nella sua opera, mettendo in chiaro la necessità di un mediatore di vera felicità: Gesù Cristo, Dio e uomo. È questa la vera novità che si vive nella città di Dio. Ecco una pagina teologicamente avvolgente: “Se poi tutti gli uomini finché sono nella condizione di mortalità, di necessità sono anche miseri, si deve ricercare un mediatore che sia non soltanto vero uomo ma anche Dio, affinché, intervenendo la beata mortalità di questo mediatore, dalla miseria mortale conduca perfettamente gli uomini alla beata immortalità; ed era opportuno che egli non fosse non mortale e non permanesse mortale. Mortale senza dubbio è stato fatto senza infermità della divinità del Verbo, ma con l’assunzione dell’infermità della carne. Non è rimasto però mortale nella stessa carne che ha risuscitato dai morti; poiché è frutto della sua mediazione il fatto che nemmeno gli stessi, per liberare i quali si è fatto mediatore, rimanessero nella morte perpetua anche della carne. Di conseguenza, è stato opportuno avere come mediatore tra noi e Dio, uno che trapassasse la mortalità e rendesse permanente la beatitudine, affinché attraverso ciò che transita si adeguasse ai morituri e da morti  li trasferisse a ciò che permane... Qui non è da temere la morte che non poté essere sempiterna, ed è da amare la beatitudine sempiterna… (la moltitudine degli angeli cattivi si interpone) perché non si possa pervenire a quell’unico Bene beatificante, per essere condotti al quale non erano necessari molti (mediatori, cioè i démoni), ma un unico mediatore. E (doveva essere) proprio quello stesso, grazie alla cui partecipazione siamo beati, cioè il Verbo di Dio non creato, per mezzo del quale sono state fatte tutte le cose. Tuttavia non è mediatore per questo, perché cioè è il Verbo. Senza dubbio, il Verbo che è sommamente immortale e sommamente beato è lontano dai miseri mortali. Ma è mediatore per quanto concerne l’essere uomo. Con ciò stesso ha mostrato che, per quel bene non solo beato ma anche beatificante, non è necessario che si cerchino altri mediatori, per mezzo dei quali pensiamo si debbano costruire i gradini per pervenire (fino al Bene). In effetti, il beato e beatificante Dio, fatto partecipe della nostra umanità, ci ha offerto la scorciatoia della partecipazione alla sua divinità. E nel liberarci dalla mortalità e dalla miseria, ci ha così condotti non agli angeli per essere beati, ma a quella Trinità, per la cui partecipazione anche gli angeli sono beati. Pertanto, quando volle essere al di sotto degli angeli nella forma del servo per essere mediatore, nella forma di Dio rimase al di sopra degli angeli. È il medesimo che in basso è la via della vita, mentre in alto è la vita” (De civ. Dei, IX, 15, 1.2). In effetti, solo Cristo ha in sé le prerogative per essere mediatore tra Dio e gli uomini: “Il mediatore deve essere tale che, reso simile per soggezione alla morte nel corpo a noi che siamo in basso, possa porgere un aiuto veramente divino alla nostra purificazione e liberazione per immortale giustizia dello spirito mediante la quale rimase in alto non per distanza nello spazio, ma per sovrana uguaglianza. Ed è impossibile che Egli, Dio immutabile, temesse la contaminazione da parte dell’uomo che ha assunto o degli uomini in mezzo ai quali è vissuto come uomo. Pertanto, non sono trascurabili questi due benefici che Egli con la sua incarnazione ci ha rivelato, e cioè che la vera divinità non può essere contaminata da ciò che è terrestre e che i démoni non si devono ritenere migliori di noi, per il fatto che non condividono con noi ciò che è terreno. Egli è il Mediatore di Dio e degli uomini, Gesù Cristo nella sua umanità” (De civ. Dei, IX, 17).

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