Condiscepoli di Agostino
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Il senso della Porta Santa

Come già abbiamo precisato, ribadiamo ora il fatto che la Chiesa, soprattutto attraverso la liturgia, si rivolge all’uomo mediante segni. Alcuni di natura sacramentale, nel senso che di fatto contengono ciò che significano (è il caso del pane e vino consacrati che contengono Gesù Eucaristia, Mistero Pasquale); altri sono di natura simbolica (sono una sorta di segnaletica direzionale, che rimanda ad altro)...

Come già abbiamo precisato, ribadiamo ora il fatto che la Chiesa, soprattutto attraverso la liturgia, si rivolge all’uomo mediante segni. Alcuni di natura sacramentale, nel senso che di fatto contengono ciò che significano (è il caso del pane e vino consacrati che contengono Gesù Eucaristia, Mistero Pasquale); altri sono di natura simbolica (sono una sorta di segnaletica direzionale, che rimanda ad altro).
L’Anno Giubilare in genere, e quello della Misericordia in specie, ricorre ad ambedue i segni, valorizzandoli a seconda delle opportunità. Pensiamo ad esempio alla Porta Santa. Non ha nulla di sacramentale. È puramente un simbolo. Di forte valenza biblica tuttavia.
Perché il segno dell’apertura della Porta Santa, proprio come avvio “formale” dell’Anno giubilare? In definitiva, che senso ha attraversare la Porta Santa? Non ha nulla di automatico, come se il solo varcarla fosse garanzia di benedizioni speciali di Dio, di indulgenze per chi la attraversa o per i defunti.
È un gesto che va compiuto dopo averne scoperto e accolto il senso religioso, anzi di fede, che vi è connesso. La porta evoca “Cristo, porta della Chiesa”. Lui stesso si è autodefinito con questa immagine: «Io sono la porta delle pecore. […] Se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo» (Gv 10,7.9). Dirà pure: «Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me» (Gv 14, 6). Di conseguenza, attraversare la Porta delle pecore, cioè dell’ovile, significa entrare nell’ovile di Cristo, la sua Chiesa, passando attraverso di Lui, per giungere insieme al Padre.
Esaminiamo attentamente il contenuto del simbolo. Attraversare Cristo vuol dire entrare in Lui, nel suo Mistero di Dio-Uomo, cioè di Dio fatto uomo per la nostra salvezza. In altri termini, vuol dire accogliere in noi il Mistero della sua Incarnazione, Morte e Risurrezione. Dunque accogliere Cristo come Mistero Pasquale, cioè come nostro Salvatore e Signore.
Il secondo aspetto, strettamente collegato con il primo e da esso inscindibile, è quello che riguarda la Chiesa. Mi spiego. L’apostolo Paolo ama definire la Chiesa “Corpo di Cristo”. Cristo e la sua Chiesa, da Lui fondata e animata dal suo Spirito, sono inseparabili. Al dire di Sant’Agostino, Cristo e la Chiesa sono in rapporto di sponsalità. Di conseguenza, per riprendere l’immagine della Porta, chi decide di passare dalla Porta che è simbolo di Cristo, il Crocifisso Risorto, decide simultaneamente di far parte della Chiesa, di cui comunque si è membri già per il Battesimo. O, se preferiamo, passare dalla Porta vuol dire prendere coscienza più viva del nostro essere Chiesa e impegnarci a essere responsabili di questo gregge di cui Cristo è il Pastore, di questo Corpo di cui Cristo è il Capo. Scegliere Cristo equivale dunque a scegliere la Chiesa, grazie alla quale in ogni caso ci è dato di incontrare con la certezza sacramentale Cristo.
Per sintetizzare e concludere: prima di valicare la Porta Santa, è opportuno sostare a riflettere sulla reale disponibilità personale di aderire nella fede a Cristo e di rinnovare la personale decisione di appartenere con senso di responsabilità alla Chiesa. Fieri di essere cristiani, cioè di Cristo e in Lui del suo Corpo che è la Chiesa. Solo a questa condizione ha senso passare dalla Porta Santa. Se ancora non è maturata questa decisione, si può entrare in chiesa ugualmente, per una porta laterale. Il ripassare dalla stessa Porta Santa equivale a rinnovare ogni volta la medesima decisione.

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