Il rapporto tra Antico e Nuovo Tetamento
Agostino è stato uno dei maggiori studiosi della Sacra Scrittura. Si muoveva a suo agio tra Antico e Nuovo Testamento, sui codici che aveva a sua disposizione nel suo monastero e che da studioso sapeva confrontare...
Agostino è stato uno dei maggiori studiosi della Sacra Scrittura. Si muoveva a suo agio tra Antico e Nuovo Testamento, sui codici che aveva a sua disposizione nel suo monastero e che da studioso sapeva confrontare.
Più volte ha affrontato l’argomento del rapporto tra Antico e Nuovo Testamento. Prendiamo in considerazione quanto afferma in proposito nel suo capolavoro, il De civitate Dei, cioè la Città di Dio: “Che cosa è ciò che si dice Vecchio Testamento se non l’occultazione del Nuovo? E che cosa è ciò che si dice Nuovo Testamento se non la rivelazione del Vecchio?” (De civitate Dei 16,26.2).
Vecchio e Nuovo Testamento sono due fasi dell’intervento rivelativo di Dio. Non possono essere considerati come libri tra loro del tutto indipendenti fino ad essere tra loro estranei. O perfino in contrasto, come affermavano i manichei al tempo di Agostino o i marcioniti due secoli e mezzo prima.
Agostino gioca la sua interpretazione su due termini: occultazione-rivelazione. È un genio in questo abbinamento. Traduciamo il contenuto in termini a noi comprensibili. Attraverso eventi carichi di simbologia e messaggi profetici, i contenuti dei libri dell’Antico Testamento in qualche modo alludevano a qualche cosa che sarebbe stato il loro compimento. Come a dire che il loro contenuto era aperto a qualche cosa di ulteriore, non ancora visibile, percepibile. Era cioè presente ma occultato, nascosto, velato. Dall’altra parte, una volta portato a termine il Nuovo Testamento, i cristiani avevano la possibilità di rileggere l’Antico Testamento svelato nei suoi contenuti occulti.
Già gli evangelisti, ma anche Paolo, parlano dell’Antico Testamento in termini di prefigurazioni e ne inseriscono testi importanti come convalida delle loro affermazioni. Solo per citare qualche immagine: l’Emmanuele descritto da Isaia, concretizzato in Gesù, nato dalla Vergine Maria; la manna come prefigurazione dell’Eucaristia; la roccia-pietra, di cui parla Paolo, da cui scaturì l’acqua nel deserto come prefigurazione di Cristo. Gesù stesso, del resto, userà questa interpretazione del rapporto tra Nuovo e Antico Testamento ricordando ai due discepoli di Emmaus di rileggere nei libri dei Salmi e dei Profeti ciò che si riferiva a Lui come Messia. Agostino, dunque, ha colto nel segno il giusto rapporto tra Nuoto e Vecchio Testamento: il Nuovo Testamento era già in nuce nell’Antico; ciò che era in nuce, potremmo dire in germe, nell’Antico è svelato nel Nuovo.
Concretamente, ambedue, Nuovo e Antico Testamento, vanno letti insieme. Senza mai separarli tra di loro.
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