Condiscepoli di Agostino
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Il Natale ci fa partecipi della luce di Cristo

Nel suo trattato sulla Trinità Agostino indaga sulla complessità degli aspetti che riguardano il rapporto tra Dio Trinità e l’uomo...

Parole chiave: Aforismi (46), Sant'Agostino (175), Condiscepoli di Agostino (100)
Il Natale ci fa partecipi della luce di Cristo

Nel suo trattato sulla Trinità Agostino indaga sulla complessità degli aspetti che riguardano il rapporto tra Dio Trinità e l’uomo. In effetti, il suo sguardo di teologo non si pone esclusivamente sul Mistero trinitario in se stesso. Quanto meno sullo sfondo c’è sempre l’uomo, creato ad immagine di Dio. Un uomo da salvare perché infedele, peccatore. Nel libro quarto del trattato evidenzia come con l’Incarnazione il Verbo di Dio sia diventato luce degli uomini: “Luce evidentemente delle menti razionali grazie alle quali gli uomini si distinguono dagli animali, e di conseguenza, sono uomini” (De Trinitate 4, 1.3). Non si tratta ovviamente di una luce materiale, ma spirituale. Essa coincide con la Verità. Di fronte a questa prospettiva, Agostino da pastore d’anime è preoccupato che tale luce non venga oscurata dalle tenebre: “Le tenebre sono le menti stolte degli uomini accecate dalla malvagia cupidità e dall’infedeltà” (Ivi 4, 2.4). Ma Dio non si è rassegnato a lasciare l’uomo nella condizione di cecità: “Per curarle e risanarle, il Verbo, per mezzo del quale sono state fatte tutte le cose, si è fatto carne ed ha abitato in noi” (Ivi). In tal modo ha dissipato nell’uomo le tenebre e lo ha reso partecipe della sua Luce di Verità: “La nostra illuminazione è la partecipazione del Verbo, cioè di quella vita che è la luce degli uomini” (Ivi). Siamo qui di fronte ad un aforisma sfolgorante: l’uomo non crea la luce della Verità da se stesso; la riceve come dono esclusivamente da Colui che è personalmente “Luce da Luce”. Con “l’immondezza dei peccati” (Ivi) l’uomo viveva nelle tenebre. Grazie al sangue di Cristo ci è stata fatta la grazia di essere purificati dalla nostra cecità. L’umiltà di Dio, che si è abbassato fino all’uomo, fino al punto da assumere la miseria dell’uomo, ha dato all’uomo la possibilità di essere risanato dalla sua cecità (cfr. Ivi). Grazie all’Incarnazione, la distanza tra Dio e l’uomo peccatore si è accorciata fino ad annullarsi. L’Incarnazione ha creato “l’armonia” tra Dio creatore, assoluto di Luce e l’uomo creatura immerso nelle tenebre. Agostino prende in prestito il termine greco per indicare il nuovo rapporto che l’Incarnazione stabilisce tra l’uomo e Dio. Tra Dio e l’uomo si ristabilisce una divina armonia. Non per i meriti dell’uomo peccatore, ma per assoluta gratuità di Dio. il Mistero del Natale che ci prepariamo a celebrare liturgicamente altro non è se non la celebrazione di tale rinnovata armonia, in cui l’uomo non è più tenebra, ma Luce nella Luce.

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