Commento al Vangelo domenicale
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L’amore che Gesù chiede per sé e per il prossimo

Giovanni 14,15-21

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi. Non vi lascerò orfani: verrò da voi. Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi.
Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui».

Parole chiave: VI Domenica di Pasqua (6), Vangelo (388), Commento (92)
L’amore che Gesù chiede per sé e per il prossimo

Prosegue la lettura del capitolo 14 del Vangelo secondo Giovanni e questa settimana il testo della liturgia domenicale ruota attorno al tema dell’amore per Gesù che dischiude possibilità inedite per coloro che se ne fanno promotori. Il contesto del brano giovanneo è ancora quello del discorso di addio che il Maestro pronuncia per preparare e rassicurare i discepoli in merito alla fine della sua vicenda terrena.
Il lessico relativo all’amore ritorna all’inizio della pericope (Gv 14,15) e alla fine (Gv 14,21) creando una inclusione che abbraccia l’annuncio del dono dello Spirito e quello della venuta di Cristo. Per la prima volta Gesù chiede amore per sé, un amore che di fatto non può che esplicitarsi nell’amore per gli altri. Ciò che il Nazareno domanda non è racchiudibile in un generale desiderio di Dio; esso implica la volontà e la disponibilità a farsi docili alla volontà del Padre, alla sua Parola, che ogni giorno esortano il credente a vivere i comandamenti. L’amore cui Gesù fa riferimento è fatto di concretezza, di autenticità, non è un sentimento blando che permette solo una adesione di facciata; è un amore che non si accontenta di ripetere nel salmo che di Lui ha sete la nostra anima (cfr. Sal 62,2), ma che esige una implicazione sostanziale nella realizzazione del comandamento nuovo che Egli ha dato. Il legame che viene presentato tra l’amore e l’osservanza della volontà del Signore richiama i formulari dell’Alleanza presenti in alcuni libri dell’Antico Testamento. In tale ambito il comandamento fondamentale si sostanzia nell’amare Dio e nell’osservare i suoi precetti e dalla capacità che il popolo di Israele mostra nell’adempimento di tale richiesta dipende la possibilità che il Signore attui o meno le sue promesse.
Giovanni pare servirsi di questo schema letterario per promettere a quanti vivono veramente l’amore per Gesù il dono dello Spirito di verità. Quest’ultimo viene detto Paraclito: in italiano non c’è un termine che traduce in maniera puntuale questo aggettivo greco il cui significato oscilla tra “consolatore”, “difensore” e “intercessore”. Il Paraclito non è da intendere come il successore post mortem del Figlio tra i suoi discepoli, poiché all’annuncio del dono dello Spirito segue immediatamente dopo quello della venuta di Gesù. Lo Spirito di verità è il dono dato da Dio che il Nazareno promette a coloro che mantengono un rapporto di amore con Lui. Come nel caso dell’invio di Gesù, anche per lo Spirito colui che sta all’origine è il Padre: la differenza tra questi due mandati sta nel fatto che mentre per il Figlio non è prevista alcuna intermediazione, per il Paraclito la mediazione è effettuata nel nome di Gesù e in rapporto con la sua opera. Il dono dello Spirito di verità sarà per sempre: perciò quel compito di assistenza, cura, sostegno e protezione che fino ad ora è stato assolto da Gesù nei confronti della sua cerchia, dagli eventi pasquali in poi spetterà allo Spirito.
Ecco spiegato perché viene ribadito dal Nazareno «non vi lascio orfani»: l’orfano nella cultura ebraica rappresenta colui che è privo di qualcuno che si prende cura di lui e gli garantisce protezione. Gesù sa che sta per arrivare il momento in cui i Dodici sperimenteranno la sua assenza e si potranno sentire turbati, paralizzati, senza sapere dove andare; si potranno sentire orfani della loro guida, ma non è questo il destino che aspetta i discepoli: essi, infatti, anche quando il Maestro sarà assente alla loro vista, saranno assistiti dallo Spirito paraclito. Tale presenza è detto che sarà in loro e presso di loro, comprendendo, quindi, sia la dimensione del seguace come singolo sia quella della comunità di credenti.
«Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi mi ama sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui» (Gv 14,21): amare e osservare i comandamenti diviene la condizione perché Gesù si manifesti. Ciò che funge da elemento distintivo dei discepoli è la fede definita in termini di amore e di comunione con Gesù, e tramite Lui e lo Spirito, con Dio.
Se questo è vero, la presenza e l’azione dei discepoli dovrebbe essere caratterizzata dall’ottimismo: ogni tempo è abitato dalla presenza dello Spirito e quanti amano Gesù dovrebbero saperlo riconoscere all’opera.

Quadro: Pablo Picasso, La ronde de la jeunesse (1961, litografia) Opera evocativa sui temi della fraternità, comandamento dell’amore e della pace con al centro la colomba che simboleggia lo Spirito

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