Commento al Vangelo domenicale
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Ha vinto la morte. È il vivente per sempre

Marco 16,1-7

Riportiamo il brano dell’evangelista Marco che viene proclamato durante la Veglia pasquale.
Passato il sabato, Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e Salòme comprarono oli aromatici per andare a ungerlo. Di buon mattino, il primo giorno della settimana, vennero al sepolcro al levare del sole. Dicevano tra loro: «Chi ci farà rotolare via la pietra dall’ingresso del sepolcro?». Alzando lo sguardo, osservarono che la pietra era già stata fatta rotolare, benché fosse molto grande.
Entrate nel sepolcro, videro un giovane, seduto sulla destra, vestito d’una veste bianca, ed ebbero paura. Ma egli disse loro: «Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui. Ecco il luogo dove l’avevano posto. Ma andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro: “Egli vi precede in Galilea. là lo vedrete, come vi ha detto”».

Ha vinto la morte. È il vivente per sempre

Il Vangelo della Pasqua propone un evento straordinario: la risurrezione di Gesù, che rappresenta il fatto fondante della nostra fede, il pilastro dell’intero edificio cristiano. L’evangelista Marco, dopo aver scritto quindici capitoli per farci seguire la vicenda di Gesù, ora racchiude in una piccola frase l’inatteso annuncio della sua risurrezione: “È risorto, non è qui”.
Dentro un racconto dalla sobrietà sconcertante, l’evangelista dedica solo otto versetti per offrire ai suoi lettori l’evento che sorregge tutta la speranza cristiana. Non si tratta di un resoconto giornalistico in diretta, ma della presentazione di un’esperienza di fede maturata in lui e nella comunità cristiana grazie a un lungo tempo di sapiente e paziente meditazione. Ne consegue che si è invitati ad entrare nel testo non come curiosi turisti, ma come discepoli.
L’evangelista inizia il racconto con un’indicazione di tempo: è già passato più di un giorno intero dalla morte di Gesù. Poi presenta le protagoniste: Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e Salòme. Le aveva fatte comparire per la prima volta sotto la croce di Gesù, come parte di un gruppo più numeroso di donne che stavano a guardare da lontano, proprio mentre quasi tutti i discepoli con la loro fuga avevano  sconfessato la solenne affermazione, fatta anche a nome loro da Pietro: «Io non ti rinnegherò». Solo a questo punto Marco ci fa sapere che queste donne hanno seguito e servito Gesù fin dagli inizi della sua missione in Galilea. Esse, quindi, anche se mai nominate prima, sono sempre state presenti, sebbene lontane dai riflettori. Per l’evangelista queste donne vengono dunque a incarnare una presenza continua e fedele al Maestro, una fedeltà ininterrotta che ora sta per esprimersi in un gesto pieno di dignità e pietà: ungere il corpo morto di Gesù.
Risulta evidente che Marco ci invita ad assumerle come modello e a guardare la vicenda di Gesù con i loro occhi. Arrivate al cimitero di Gerusalemme per venerare il Maestro morto – siamo al vertice della narrazione – esse vedono la pietra sepolcrale della tomba di Gesù rotolata via: è il segno che la potenza della morte, rappresentata dal sepolcro sigillato, è stata ormai irrimediabilmente spezzata e vinta.
Entrate nel sepolcro, vedono un giovane, raffigurato secondo i canoni di un angelo, come si intuisce dalla sua veste splendente, che ha il compito di comunicare la decisiva parola di Dio all’uomo: «Non è qui». Le donne sono stupefatte. Il giovane le rassicura, invitandole a disporsi ad accogliere un nuovo modo di presenza della persona cercata: Gesù è stato risuscitato dal Padre. L’angelo poi offre a queste donne un altro progetto, conferendo loro una missione espressa dagli imperativi: “andate”, “dite”. Saranno loro quindi a portare la notizia ai discepoli e soprattutto a Pietro, per annunciargli ciò che lo può far rinascere, dopo il pesantissimo tradimento.
La Chiesa sa che il Signore Risorto la precede sempre là dove essa è invitata ad annunciarlo. «Egli vi precede in Galilea» risuona come la promessa di una presenza che mai verrà meno e come un invito ad incontrare il Signore dentro la quotidianità, nella profondità delle vicende umane, nei deserti dell’esistenza e nel tessuto delle relazioni che fanno vivere. È là che il Risorto si lascia incontrare e vedere, là dove egli dà appuntamento a chi lo vuole seguire, a chi impara dalla sua umanità risorta a rendere più umano se stesso e il mondo che ci circonda.

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