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Oggi i discorsi da bar si fanno sui social

J-C. Seznec - L. Carouana
La magica virtù di misurare le parole
Feltrinelli - Milano 2020
pp. 192 - Euro 15

Oggi i discorsi da bar si fanno sui social

Saper ascoltare e saper tacere non è più di moda oggi che l’affermazione personale passa attraverso il bisogno di esprimersi sempre e comunque. Jean-Christophe Seznec, psichiatra e presidente dell’Associazione francese di terapie comportamentali e cognitive, insieme con il regista e comico Laurent Carouana, ha scritto La magica virtù di misurare le parole, un saggio dove in 192 pagine analizza il nostro modo di comunicare.
Gli autori partono dalla constatazione della doppia personalità presente in ciascuno di noi: l’essere umano che siamo e il nostro cervello emotivo. Il cervello emotivo è quello della sopravvivenza, utile per difenderci dai pericoli. Internet, oggi, lo rinforza e, nel contempo, indebolisce la nostra percezione della realtà. I social, con la loro frenesia delle parole fuori contesto, generano soprattutto rumore, danneggiando il senso di appartenenza al proprio Paese, la fiducia nelle istituzioni e nel prossimo. Questo rumore esclude molte persone, creando un mondo narcisistico e una povertà psichica, facendoci dimenticare che la vita reale è quella che si vive quotidianamente: in famiglia, sul lavoro, nei luoghi di aggregazione come i bar. Ecco, per gli autori i social network sono i bar del mondo contemporaneo: le cose che si dicono lì è come si dicessero al bar, con la differenza che i bar virtuali della rete non dimenticano.
Nelle conclusioni, Carouana e Seznec ribadiscono il valore del diritto di parola, diritto da difendere, ma “non a prezzo di una diarrea verbale”, di una caterva di parole eccessive che “facilitano i discorsi ‘contro’ e impediscono le azioni ‘per’”. Le parole, ci ricordano i due autori, hanno un corpo, una storia, una vita di cui non si può non tener conto. Ad esempio, dopo il 1945, i Paesi democratici hanno sostituito la locuzione “ministero della Guerra” con “ministero della Difesa” e in Italia il vocabolo “serva” con quello di “collaboratrice domestica”. Certo, avendo una forza debole rispetto alla materialità dei fatti, la parola non elimina la servitù, ma fa capire che il rapporto padrone-servo è ormai socialmente inammissibile, oltre che vetusto e inattuale.
Per Seznec e Carouana in non poche occasioni sarebbe preferibile il silenzio “per non sprecare inutilmente la nostra energia e preservare la nostra immagine”. Anche perché, rispetto alla parola, il silenzio ha più forza: “disturba, irrita e infastidisce. Si tratta di uno strumento di comunicazione prezioso”, che consente a quanti realmente tengono a noi di poterci percepire nello spazio più inviolabile e sacro: quello della nostra identità.

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