La scuola siamo noi
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Covid e didattica a distanza: necessaria ma surrogato del vero insegnamento

Rimane innaturale la mancanza di “contatto” tra docenti e studenti e tra gli stessi studenti

Parole chiave: La scuola siamo noi (17), Docenti (1), Studenti (6), Dad (7), Scuola (90)
Covid e didattica a distanza: necessaria ma surrogato del vero insegnamento

In qualità di insegnante di materie giuridico-economicche presso un istituto professionale paritario di Verona, sono a condividere alcune riflessioni in merito al ricorso “forzato” alla didattica a distanza (Dad), al quale il mondo della scuola è stato chiamato a causa dell’emergenza Covid-19.
Non mi soffermerò tanto sulla descrizione dello scenario che ci troviamo a fronteggiare da un anno circa a questa parte, con tutti gli impatti e le ripercussioni che stanno condizionando l’intera società – scuola e Chiesa comprese. Gli effetti di tale crisi li conosciamo bene e li stiamo sperimentando tutti in prima persona. Inoltre, i mezzi di comunicazione sono diventati ormai “esperti” nel non farci perdere un secondo per tenerci aggiornati – più o meno efficacemente ed accuratamente – al riguardo.
Nella mia riflessione, desidero fare riferimento alla sfida a cui la Dad ci sta sottoponendo. È evidente che questo nuovo modo di fare lezione, pur trovando il mondo della scuola impreparato, a causa dell’emergenza si è imposto nel nostro quotidiano costringendo tutti noi insegnanti a ridefinire il nostro ruolo, a fare di necessità virtù, ricorrendo inevitabilmente all’inventiva e alla creatività (insegnanti di matematica compresi), pur di coinvolgere il più possibile i nostri ragazzi al di là dell’asettico schermo di un computer.
Da una parte, si può dire che la crisi che stiamo vivendo ha accelerato alcune trasformazioni che diversamente avrebbero richiesto ancora molto tempo prima di essere introdotte. Si pensi allo smart working che, se ben congeniato e attuato, potrebbe davvero favorire anche in futuro la conciliazione vita-lavoro, supportando in particolare la donna che è costretta a lavorare full time fuori casa e/o che ha figli.
Per quanto riguarda invece la Dad, l’opinione pubblica risulta divisa. Si conferma però il malcontento e il disagio da parte degli “addetti ai lavori”: insegnanti, dirigenti e studenti. Il pensiero va subito alla necessità e al contempo al dramma della mancanza della relazione, di un rapporto in presenza; di riprendere quel rapporto umano fatto di sguardi, di accoglienza, di amore che caratterizza il “fare scuola”, oltre ovviamente alla trasmissione di conoscenze, competenze ed abilità.
Che questa modalità di fare scuola non sia proprio così “naturale”, lo dimostra anche il fatto – come evidenziano gli esperti – che la Dad porta con sé un rischio concreto di danni fisici e psicologici. Infatti, stiamo tutti sperimentando gli effetti negativi dovuti alle molte ore seduti davanti a un computer, preoccupati di andare avanti con i programmi, le interrogazioni, le verifiche… Dimenticando però (o ignari del fatto) che, per evitare mal di testa, bruciore agli occhi e mal di schiena, davanti al computer bisogna starci con una postura corretta e con strumenti ad hoc se si vuole evitare il ricorso agli specialisti del caso (a pagamento). Questo vale sia per i docenti – giovani e meno giovani – che per gli studenti.
Inoltre, lo psicologo piacentino Giulio Costa sottolinea che “in questo momento, a differenza dello scorso anno scolastico, emerge più comunemente angoscia da parte degli studenti, incerti e spaventati riguardo al futuro, a cui si aggiunge l’assenza di distacco dalla famiglia, fondamentale per un adolescente. La fascia più a rischio dal punto di vista psico-sociale – aggiunge lo psicologo – è quella degli studenti delle superiori, ora obbligati a sacrificare il confronto con l’esterno e a chiudersi in casa. Questo ha portato reazioni opposte al momento della riapertura, tra chi viveva la così detta ‘sindrome della capanna’ e chi usciva in modo irresponsabile senza utilizzare i dispositivi di protezione individuale o creando assembramenti”.
Dunque a noi insegnanti e dirigenti, non solo il compito di trasmettere nozioni e quel po’ di calore umano che possiamo nonostante la Dad, ma – come dice Alberto Bonfanti – anche il compito di “dare innanzitutto prova di una resistenza attiva al potere della distruzione e della morte, testimoniando che la cultura non arretra di fronte al male quando esso ha la forma impalpabile di un virus. La pandemia ne ha esaltato l’importanza”.  
Il tutto naturalmente non con le sole nostre forze limitate ma soprattutto con la richiesta di aiuto allo Spirito Santo; dato che anche per noi risulta più difficile rapportarci e confrontarci con i colleghi, in quanto coinvolti, come i nostri ragazzi, nell’isolamento.

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