Il Fatto di Bruno Fasani
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Tante nuove dipendenze come risposta al disagio

Gli inglesi le chiamano New Addiction. La parola è sobria, ma la realtà è molto meno rassicurante. Si tratta delle nuove dipendenze, quelle che non vengono generate da sostanze chimiche, come il fumo, l’alcol, le droghe... Niente di tutto questo...

Parole chiave: Dipendenze (5), New Addiction (1), Il Fatto (417), Bruno Fasani (325)

Gli inglesi le chiamano New Addiction. La parola è sobria, ma la realtà è molto meno rassicurante. Si tratta delle nuove dipendenze, quelle che non vengono generate da sostanze chimiche, come il fumo, l’alcol, le droghe... Niente di tutto questo. Le nuove prigionie, perché di questo si tratta, hanno caratteristiche meno inquietanti, almeno apparentemente. Penso all’uso incontrollato di internet, allo shopping compulsivo, al gioco, sia esso d’azzardo o più semplicemente su qualche playstation o qualche tablet. Penso alla fitness dipendenza, quella dei palestrati, sempre alla ricerca di un corpo da scolpire per una perfezione mai raggiunta. C’è poi la bulimia da cibo e da sesso. Ma oggi, tra le dipendenze che producono patologia, si cita perfino la tanoressia. Ce ne potrebbe parlare con cognizione di causa Carlo Conti, il bravo presentatore. Già, perché la tanoressia è la mania per la pelle abbronzata, un fenomeno che sta prendendo sempre più piede, in un giro d’affari da mettere i brividi. Se è vero che nell’Ottocento e ancor oggi nei Paesi più poveri del mondo avere la pelle scura voleva dire appartenere alla classi più povere, quelle costrette a lavorare sotto il sole, oggi è il colore scuro che richiama l’idea di una vita sana, intrecciata tra vacanze sempre a portata di portafoglio.
Come si può facilmente dedurre, in questi comportamenti, è molto difficile segnare una linea di demarcazione tra la normalità e la patologia. Quand’è che internet cessa d’essere uno strumento utile per diventare una dipendenza? Dove sta il confine? Eppure sappiamo che quel confine c’è, come ci attestano i servizi sulle tossicodipendenze che hanno pazienti in cura già a partire dagli undici anni. E quand’è che il cibo, da alimento prezioso finisce per trasformarsi in pericolose bulimie e anoressie?
Gli esempi servono solo per ricordarci che la vigilanza deve essere quanto mai attenta e sempre alla ricerca di equilibri mai raggiunti definitivamente. Sia che si tratti di giovani, nella fase delicata del loro sviluppo, sia che si tratti di persone adulte ed anche anziane. Oggi nessuno può considerarsi fuori dal rischio, se è vero che papa Francesco raccomandava perfino alle suore di clausura un uso saggio e vigile degli strumenti digitali.
Il fatto è che l’essere umano, ogni essere umano, cerca di sfuggire al dolore cercando il piacere. Se oggi cercassimo dove sta la sorgente del dolore, o meglio del disagio, scopriremmo che essa fiorisce da una cultura, in cui efficienza e competitività condizionano il successo personale. A questo dovremmo aggiungere una crescente solitudine, generata dalle macchine, che ci illudono di stare insieme, mentre ci separano dal mondo. Se non cercheremo negli altri la risposta al dolore, saranno le dipendenze ad illuderci. Ma solo per un istante.

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