Il Fatto di Bruno Fasani
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La patologia in crescita su cui lo Stato mangia

Ufficialmente, in Italia, sono 256mila i malati patologici di ludopatia. Persone che passano la giornata a compulsare i tasti di qualche slot machine, nella speranza di sentire lo scroscio delle monete che cadono. Gente che si mangia lo stipendio, che ricorre a prestiti dagli usurai, trascinata nel baratro da una vera e propria patologia, che oggi domanda d’essere diagnostica e curata nei centri per le dipendenze...

Parole chiave: Ludopatia (4), Stato (7), Il Fatto (417), Bruno Fasani (325)

Ufficialmente, in Italia, sono 256mila i malati patologici di ludopatia. Persone che passano la giornata a compulsare i tasti di qualche slot machine, nella speranza di sentire lo scroscio delle monete che cadono. Gente che si mangia lo stipendio, che ricorre a prestiti dagli usurai, trascinata nel baratro da una vera e propria patologia, che oggi domanda d’essere diagnostica e curata nei centri per le dipendenze.
E non si tratta necessariamente di gente giovane. Quella in genere ingurgita altri veleni per compensare insicurezze e frustrazioni. Più spesso si tratta di gente di mezza età o anche più avanti negli anni. Gente con problemi di solitudine, coppie che si rompono dopo trenta, quarant’anni di matrimonio, lasciando a terra frammenti di umanità lacerata, gente che ha perduto il lavoro o che alza il gomito per dimenticare.
Si parla di 256mila, ma i fruitori di queste macchine mangia soldi sono una moltitudine che non si può contare. In Italia, di queste mangia soldi, ce n’è in media una ogni 143 abitanti, ma ci sono zone, come L’Aquila, dove questa media si abbassa a una slot machine ogni 83 abitanti. In totale lo Stato incassa quasi nove miliardi (8,7 per l’esattezza) grazie alle 418mila autorizzazioni che consentono l’installazione di apparecchiature con cui giocare.
La legge precisa che esse dovrebbero essere lontane dai punti sensibili, soprattutto dalle scuole. Ma poi ci pensano le delibere regionali e locali a gabbare lo santo. E così scopriamo che a L’Aquila, Genova e Piacenza, solo per fare qualche esempio, i punti sensibili sono diventati la moschea, la sinagoga e la chiesa. Precisazione particolarmente pertinente. Ve lo immaginate un ludopata che fa una flipperata durante l’omelia? Ma il genio degli amministratori locali raggiunge i vertici del ridicolo quando elenca, tra i punti sensibili, i cimiteri dove riposano i nostri cari. Tutto questo per dire che, ipocritamente, si vanno a tutelare gli unici posti dove nessuno penserebbe di giocare. È nei bar e nelle tabaccherie che la storia sta prendendo una brutta piega.
Il presidente Renzi, qualche tempo fa ha promesso che per le slot machine ci sarà «una significativa riduzione», il che lascia chiaramente intendere che si farà qualche taglio, ma la cosa continuerà spedita ad andare avanti.
Qualcuno si chiede come potrà lo Stato compensare i minori introiti causati dalla riduzione. Ci pensa lo stesso Renzi a tranquillizzare i preoccupati cassieri dello Stato, affermando che vuole «avviare una regolazione dell’attuale disciplina dei casinò, finalizzata a ridurre la frammentazione sul territorio». Il che non vuol dire un loro ridimensionamento numerico. Più semplicemente metterli al posto giusto dove l’incasso è garantito. La ludopatia non sempre è considerata patologia, soprattutto se si gira in Ferrari.

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