Il Fatto di Bruno Fasani
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Solo con le donne potremo vincere il fondamentalismo

C’è una costante che mi passa da tempo per la testa e di cui vado sempre più convincendomi. Come vincere il fondamentalismo islamico? Certo, sentendo le opinioni di tanti liberi pensatori, sembrerebbe che, almeno sui tempi brevi, l’ultima parola spetti alle armi. Bombardarli, schiacciarli come le mosche, impreca tanta gente, stanca dei resoconti disumani, che ogni giorno ci arrivano dalle terre infestate...

Parole chiave: Il Fatto di mons. Bruno Fasani (46)

C’è una costante che mi passa da tempo per la testa e di cui vado sempre più convincendomi. Come vincere il fondamentalismo islamico? Certo, sentendo le opinioni di tanti liberi pensatori, sembrerebbe che, almeno sui tempi brevi, l’ultima parola spetti alle armi. Bombardarli, schiacciarli come le mosche, impreca tanta gente, stanca dei resoconti disumani, che ogni giorno ci arrivano dalle terre infestate.
Sarà anche così, se questo serve a fare da contenimento dei massacri quotidiani, ma, sui tempi lunghi, c’è una sola condizione per ristabilire condizioni umane e di maggiore democrazia. Il tutto sta in una semplice parola: la donna. Sono loro, le donne, chiamate a ribellarsi all’ingiustizia, all’arrogante supremazia maschilista, che le vorrebbe serve fino a renderle schiave vere e proprie.
Si sa che il fondamentalismo teme prima di tutto il loro potere. Lo vediamo anche in quei Paesi che stanno procedendo a passi veloci verso una progressiva islamizzazione. Sto pensando alla Turchia, ad esempio. Chi avesse visto quel Paese quindici anni fa, oggi si troverebbe davvero a disagio vedendo quello che sta accadendo.
Mi riferiscono fonti attendibilissime che il governo, pur di riuscire nel proprio intento, si serve di costanti ricatti usati contro la donna. Del tipo: se non metti il velo tuo figlio avrà difficoltà ad entrare in università, oppure tuo marito a trovare lavoro, oppure ti complicheremo la vita se avrai bisogno di autorizzazioni...
Come si vede si va a colpire la donna, non perché essa sia l’elemento debole della catena, ma esattamente per il suo contrario. Non dimentichiamo che lo splendido racconto del peccato delle origini, non ci racconta di un Adamo che trascina la compagna in errore, ma esattamente l’opposto. E così il tentatore va da Eva, perché è il nemico più forte che si colpisce per primo.
Credo sia la natura della donna, con le sue straordinarie capacità psicologiche di relazione e di seduzione, anche intesa in senso positivo, a scatenare la fragilità del maschio e il suo orgoglio, suscitando la sua aggressività, intesa come rivincita e superiorità presunta, fino a trasformalo in persecutore e tante volte in carnefice.
Che la donna possa essere uno strumento straordinario di pressione verso la politica maschilista dei fondamentalismi (ma non solo!) lo abbiamo toccato con mano nei resoconti della cronaca di questi giorni. Esattamente con un episodio accaduto in Afghanistan. In quella terra tormentata, nei giorni scorsi una giovane donna di Kabul, Farkhunda, è stata massacrata di botte dalla folla perché accusata di aver bruciato un Corano. Non importa che l’accusa si sia poi rivelata falsa. Si sa come funziona in molti Paesi islamici. E si ricordino i cristiani di quale patrimonio di grandezza sono depositari, quando leggono il racconto del Vangelo, in cui si narra dell’adultera vicino a Gesù, che scrive sulla sabbia, mentre la folla la vuole lapidare!
Per ora, purtroppo, a Farkunda è andata diversamente. Ma c’è un raggio di speranza in questa vergognosa tragedia. Ed è il fatto che le donne di Kabul, contravvenendo a tutte le prescrizioni che riservavano questo compito ai maschi, si sono caricate la bara sulle spalle e se la sono portata al luogo della sepoltura. «Era una figlia dell’Afghanistan» hanno gridato durante il tragitto. «Ieri è toccato a lei, domani toccherà a noi». Si tratta di un piccolo segnale, ma è pur sempre uno squarcio di luce nella notte.
La donna è la salvezza del mondo scriveva un gigante dell’ortodossia russa, Paul Evdokimov. Forse i tempi non sono ancora del tutto maturi, ma da Kabul ci è giunto un segnale di primavera.

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