Il Fatto di Bruno Fasani
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La voglia di Europa chiede di ritrovare il collante culturale

Le stelle su sfondo blu della bandiera europea colpite dalla violenza degli idranti della polizia georgiana sono un messaggio che domanda d’essere decodificato. Perché questo popolo civile e mite chiede di entrare in Europa e nella Nato? È solo paura di finire nelle fauci di Putin, come l’Ucraina, o è anche il risveglio di una coscienza di appartenenza culturale oltre che geografica?

Parole chiave: Il Fatto (417), Bruno Fasani (325), Europa (32)

Le stelle su sfondo blu della bandiera europea colpite dalla violenza degli idranti della polizia georgiana sono un messaggio che domanda d’essere decodificato. Perché questo popolo civile e mite chiede di entrare in Europa e nella Nato? È solo paura di finire nelle fauci di Putin, come l’Ucraina, o è anche il risveglio di una coscienza di appartenenza culturale oltre che geografica?

La storia dell’Europa è una realtà complessa e mutevole nello stesso tempo. Se all’inizio, almeno fino all’VIII secolo, essa era identificabile con le terre che, a partire dalla Grecia, gravitavano sul Mediterraneo, con l’avvento dell’islam e l’occupazione della Turchia e dell’Africa del Nord, prime culle del cristianesimo, essa fu obbligata ad operare una cesura netta a Sud, spingendosi più a Nord. Carlo Magno poteva così identificare la sua idea di Europa come la terra del Libro, ossia la Bibbia, della legislazione romana e della filosofia greca. Ancora, considerato che dopo Costantino gli imperatori avevano scelto come residenza Costantinopoli, di fatto l’Europa stava in piedi su due gambe. Quella del papato a Roma e quella dell’imperatore ad Oriente. Grande merito nel tenere unita questa realtà va riconosciuto al monachesimo, soprattutto benedettino, che costituiva una vera e propria linfa morale nei diversi contesti sociali e culturali.

Va detto che dopo la grande espansione dovuta a Carlo Magno, l’Europa conobbe un’epoca di eclissi, finita con la caduta di Costantinopoli nel 1453, quando i cristiani là residenti emigrarono verso la Russia, facendo di Mosca la terza Roma. Il tentativo dei turchi di invadere Vienna nel 1500 segnò un momento di risveglio di identità, peraltro subito mortificato dalla nascita dei tanti movimenti protestanti che resero alquanto farraginosa la coscienza di una comune identità.

Quello che sta accadendo in Georgia, ma anche in tanti altri Paesi limitrofi, potrebbe diventare l’occasione vera per fare un ragionamento sull’Europa, che vada oltre i temi contingenti dello spauracchio russo ma, anzi, coinvolgendo la stessa Russia.

Purtroppo oggi l’Europa soffre di una terribile patologia, che è quella della sua schizofrenia morale. Una patologia che la sta svuotando progressivamente di identità. Penso al valore della persona e alla sua dignità, così come, nei secoli, le è stato instillato da una lettura cristiana della vita. Oggi un valore che, sempre più spesso, viene sacrificato a un liberismo morale, che sembra voler tutelare più l’arbitrio delle coscienze che il rispetto reale della vita.

C’è poi un secondo valore che sembra venire meno nel collante culturale dell’Europa, ed è la crisi della famiglia, monogamica ed eterosessuale. Per secoli, con tutte le luci ed ombre possibili, essa ha costituito il fondamento della società confermando che, teoria non ancora smentita, è da famiglie che funzionano che è possibile dare qualità alla vita sociale.

Penso infine ad un terzo fattore unitario, che è quello della fede. Di chi crede e di chi, non credendo, vede nelle religioni un fondamento di ispirazione morale. Purtroppo l’Europa, da questo punto di vista, sembra non amare più se stessa. Pronta a schierarsi giustamente con ebrei e  musulmani, se colpiti nella loro identità, ma pronta a rivendicare la libertà di coscienza, quando si tratti di sparare su Cristo e sui cristiani.

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