Il Fatto di Bruno Fasani
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L’orgoglioso rifiuto di non dare il battesimo al proprio figlio

Per i lettori che non ne fossero a conoscenza, Fedez è quel cantante rapper che è tatuato come un quadro di Arcimboldo. Non c’è centimetro del corpo che sia sfuggito all’ago usato come un pennello. Dev’essere una sorta di fissazione di tipo idolatrico, quel perenne bisogno di novità che spinge la creatura a cercare sempre nuove frontiere per cambiare, per sentirsi diversa...

Parole chiave: Battesimo (10), Il Fatto (417), Bruno Fasani (325)

Per i lettori che non ne fossero a conoscenza, Fedez è quel cantante rapper che è tatuato come un quadro di Arcimboldo. Non c’è centimetro del corpo che sia sfuggito all’ago usato come un pennello. Dev’essere una sorta di fissazione di tipo idolatrico, quel perenne bisogno di novità che spinge la creatura a cercare sempre nuove frontiere per cambiare, per sentirsi diversa. Dopo le teorie dell’evoluzione di Darwin e quelle morali per cui il cambiamento è sempre possibile con la conversione, siamo giunti al momento in cui basta colorare la pelle per avere la sensazione d’essere originali. Comunque sia, che Fedez sia sveglio non ci piove. Ha buona dialettica e una discreta voce. L’intonazione lascia un po’ a desiderare, ma lui ce la mette tutta per dare il meglio.
Dopo aver presentato al mondo il suo primogenito Leone, nei giorni scorsi ha fatto sapere che lo battezzerà il 30 di febbraio. Con un po’ più di classe bastava che dicesse: signori, io e la mia compagna non siamo credenti, per cui tirate voi le conclusioni. Ma tanto è bastato perché sui social un nugolo di fan lo attaccasse rimproverandolo per questa scelta.
Personalmente, pur non condividendo da cristiano questo tipo di scelta, dirò che è preferibile un palese rifiuto all’ipocrisia di un cristianesimo soltanto sociologico, di anagrafe, ormai incapace di qualsiasi espressione di coerente autenticità. Penso a quanto è diffuso un cristianesimo che si richiama a Dio in riti sporadici, per poi nascondere dietro qualche segno di croce o qualche pellegrinaggio, il marcio di una vita incapace di misurarsi col Vangelo e salvo poi giustificarsi dicendo che non siamo santi, quasi che l’ammetterlo diventasse il lasciapassare che giustifica ogni tipo di immoralità.
E comunque il problema del battesimo dei bambini sta diventando una scelta che domanda una presa di coscienza ecclesiale ben più rigorosa. Sia per chi decide di chiederlo per i propri figli, sia per chi lo rifiuta. Tendenza, quest’ultima, che si va rapidamente diffondendo. «Ci penserà lui, quando è grande» si sente dire da questi genitori finto-democratici. In realtà dietro l’affermazione del principio di libertà accordato ai figli, si nasconde altro. Dire che la fede è una questione di libertà, significa affermare che essa non è né importante, né indispensabile. Se davvero la libertà fosse la chiave di tutte le scelte, perché allora non lasciare al figlio la decisione di istruirsi, quando sarà in grado di scegliere? O il fatto di decidere da sé se vaccinarsi o meno contro le malattie? O se praticare qualche sport oppure starsene a casa a poltrire? Ovviamente sono domande talmente scontate che nessun genitore serio potrebbe permettersi di considerarle, oltretutto sapendo che andrebbe contro la legge. E allora perché soltanto la fede dovrebbe essere un optional ininfluente nello sviluppo di una persona, conoscendone invece il grandissimo valore morale e pedagogico? Oltretutto sapendo che senza Dio, saranno altri dei, assoluti di sostituzione, a prendere il posto di maestri nel nostro cammino.

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