Il Fatto di Bruno Fasani
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In arrivo una legge a favore dei ciclisti

Abituati, nostro malgrado, a sentire ogni giorno notizie che ci inquietano, proviamo per una volta a soffermarci su un tema di maggiore leggerezza. Ovvero l’andare in bicicletta.

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Abituati, nostro malgrado, a sentire ogni giorno notizie che ci inquietano, proviamo per una volta a soffermarci su un tema di maggiore leggerezza. Ovvero l’andare in bicicletta.
La stagione inizia a regalarci scampoli di primavera e la voglia di farci due pedalate fa capolino nel ripostiglio delle buone intenzioni, se non proprio nei fatti. Magari solo per spostarci in città, giusto per snellire i tempi di percorrenza ed anche il volume di un traffico che ci innervosisce non poco, mentre riempie di smog l’aria che respiriamo. Tutto bene, dunque. Anzi, mica tanto, visto che in Italia, ogni giorno, 45 ciclisti vengono coinvolti in un incidente stradale. Secondo alcuni analisti, la causa è dovuta alla poca distanza di sicurezza con cui le auto sorpassano i ciclisti. Pochi centimetri a disposizione finiscono spesso per causare cadute con tutte le conseguenze del caso. Fin qui la diagnosi. Intenzionalmente partigiana e quindi incompleta, ma pur sempre una diagnosi.
Su come risolvere il problema ci si è messo con foga un senatore piemontese, certo Michelino Davico, del gruppo del Gal. Non è che la sigla brilli per particolari iniziative politiche, ma in questi casi vale sempre l’intenzione e siccome nell’araldica il gallo è simbolo di arditezza, c’è da sperare che il suo esimio rappresentante tiri fuori un chicchirichì di quelli giusti. Quello che ha proposto è la modifica dell’articolo 148 del Codice della Strada, chiedendo che venga “prescritta una distanza laterale minima nel momento in cui un autoveicolo supera un velocipede, perché anche in Italia non sia inferiore a un metro e mezzo”.
Si dice di solito che di buone intenzioni sia lastricato l’inferno e, allora, giusto per smentire il detto, mi sono librato spavaldo, sulla canna della bici, per le vie della città. Vediamo se adesso mi sorpassano a un metro e mezzo di lato! M’è bastato poco per atterrare sulla realtà, fatta di piccole vie, dove un sorpasso secondo la legge Davico avrebbe obbligato il conducente d’auto a sorpassarmi in verticale, su due ruote, come un provetto stuntman. E te lo immagini l’affrettato conducente, in ritardo all’appuntamento, obbligato a starmi dietro per non invadere la corsia opposta in contromano? Pensavo poi agli spostamenti in auto, soprattutto di domenica, quando si allenano le squadre di ciclisti, compatti ad occupare tutta la metà della corsia di marcia, come in un tappone del Giro d’Italia, con tanto di vettura di assistenza al seguito e tu lì, dietro, ai trenta all’ora a smoccolare, in attesa di un rettilineo per trovare due metri per uscire dall’imbuto.
Pensavo a Davico e mi chiedevo quale sarà mai l’esito della sua proposta. Ben venga una legge, ma non sarà certo con quella che ci salveremo dai pericoli della strada. Testa, prudenza e buon senso sono forse ancora da fissare in un codice, ma sono l’unico vero antidoto.

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