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«Una nuova viabilità per una Verona con meno auto»

di GIULIO PIGNATTI
L'assessore Ferrari: chiedo pazienza ai cittadini 

«Una nuova viabilità per una Verona con meno auto»

di GIULIO PIGNATTI
Ambiente, mobilità, lavori pubblici: in una Verona dove l’allerta per la qualità dell’aria è costante e in cui sta per iniziare una lunga stagione di cantieri che dovrebbero risolvere il nodo del trasporto pubblico, le principali deleghe dell’assessore Tommaso Ferrari coprono alcuni dei temi più caldi del momento. Ingegnere ambientale, 34 anni, già consigliere di opposizione durante la scorsa amministrazione comunale, Ferrari è tra i fondatori del movimento civico Traguardi, uno dei protagonisti dell’ultima campagna elettorale da cui è uscito vincente il sindaco Damiano Tommasi. In Giunta è stato chiamato per occuparsi di transizione ecologica e di mobilità, nodi, che considera inscindibili. «Dobbiamo fornire alternative strutturali e appetibili al trasporto privato in auto: il tema della mobilità non consiste solo nel fluidificare il traffico», sostiene. L’abbiamo intervistato, proprio sui temi della mobilità, nel suo studio al terzo piano di palazzo Barbieri – dove abbondano le piante e risalta un poster dedicato a Gino Paoli e Ornella Vanoni –. Il prossimo 21 aprile, infatti, prenderanno avvio i cantieri in via Città di Nimes per connettere i due sottopassi, riservando il transito di superficie al filobus, sistema di trasporto pubblico di massa di cui a Verona si parla da anni. E ora si parte.
– Assessore, i cantieri avranno un pesante impatto sulla viabilità almeno per il prossimo anno. Come amministrazione pensate che i cittadini capiranno o temete per il consenso?
«La città si trasforma solo attraverso opere infrastrutturali: la politica deve guardare oltre l’anno di cantiere. L’unificazione dei sottopassi è un’opera di grande importanza per la mobilità. In città a noi vicine, come Padova e Brescia, non c’è paura di fare lavori pubblici dal grande impatto se il fine è ridisegnare l’assetto della mobilità. Dobbiamo essere bravi a comunicare con i cittadini, ma l’amministrazione non può avere paura dei cantieri».
– Il rischio è che il filobus nasca come opera già “vecchia”, rispetto ad altre soluzioni più efficienti come quella del tram o della metropolitana, adottate dalle vicine Padova e Brescia. Oggi lei sceglierebbe il filobus come sistema di trasporto pubblico?
«La storia del filobus è travagliata, perché non si è mai voluto scegliere una politica netta sul trasporto pubblico. Il filobus è certamente un punto di partenza con cui ridisegnare il trasporto pubblico di Verona, un progetto da proseguire anche perché ereditato e già finanziato, ma sicuramente non è la soluzione della mobilità a Verona. Il tram avrebbe molti vantaggi, ma il fatto che il filobus abbia corsie preferenziali ne fa un’alternativa valida al trasporto privato, perché permette dei tempi di percorrenza più efficienti. È questo il vero fattore di appetibilità del trasporto pubblico, la sua efficienza più che il risparmio economico».
– State già pensando a uno sviluppo ulteriore del trasporto pubblico?
«Dobbiamo pensare a un’estensione e a un ampliamento dell’infrastruttura del trasporto pubblico, per coprire i buchi lasciati dal filobus, soprattutto in quartieri come Golosine o buona parte della Terza circoscrizione. Abbiamo intenzione di partecipare ai bandi ministeriali e di indagare le soluzioni tecnologicamente più efficaci. Sul medio termine, una grande opportunità aperta dal raddoppio dei binari della Tav potrebbe essere quella di una metropolitana di superficie su ferro».
– Secondo lei il filobus può risolvere il problema del traffico a Verona Sud e può rendere effettivamente operativi i parcheggi scambiatori come la Genovesa?
«È per forza un grande obiettivo del progetto filobus. Ora la Genovesa soffre di una difficoltà d’accesso, ma bisogna renderlo un parcheggio scambiatore attivo, abituando gli utenti veronesi a considerarlo come un’alternativa all’accesso in città con l’auto. Sarà molto più semplice col progetto di ribaltamento del casello, che però avverrà più avanti rispetto all’arrivo del filobus. Meno criticità ci sono invece riguardo ai parcheggi di Ca’ di Cozzi e di Verona Est, che hanno una viabilità d’accesso più agevole».
– La corsia preferenziale per il filobus prevede ovviamente che venga tolto spazio alle auto. In alcuni tratti come via Mameli ciò può costituire un problema per il traffico?
«Stiamo svolgendo tutte le analisi tecniche della viabilità intorno al filobus per mitigare situazioni di criticità che sicuramente sussistono. Ma se vogliamo diminuire la percentuale di mezzi privati – il che è necessario per una mobilità ecosostenibile –, alcune scelte politiche vanno fatte. Dobbiamo decidere se lasciare quasi tutto lo spazio pubblico alle auto, oppure se condividerlo tra trasporto pubblico, privato e utenza debole (ciclisti e pedoni). Il principio della carreggiata democratica non vuol dire rubare spazio alle auto, ma fare sì che ogni utenza abbia il suo spazio. Anche il fatto che le auto occupino il 90% dello spazio, come succede ora, è una scelta».
– In tal senso, è in arrivo un nuovo piano della sosta?
«Sì, verrà presentato a breve e mirerà a ridurre l’ingresso in città con l’auto, agendo su fattori come la residenzialità dei parcheggi. Allo stesso tempo, bisogna riorganizzare un sistema della sosta che gli studi mostrano esser molto disorganizzato a Verona. L’obiettivo futuro è quello della creazione di un’area più vasta della Ztl a bassa intensità di traffico. Ma parallelamente ci deve essere convenienza a usare altri mezzi per arrivare in città».
– La nuova amministrazione ha sperimentato più volte la Ztl allo Stadio in occasione degli eventi sportivi. L’iniziativa diventerà definitiva?
«Il quartiere Stadio non riesce a sopportare l’afflusso di auto quando ci sono le partite. Sono sistematici i fenomeni di sosta selvaggia, che costituiscono anche un problema di accessibilità e transito a piedi per anziani o persone disabili. Ma non è sostenibile che la Ztl sia assicurata dalla Polizia locale, deve essere permanente e automatizzata. E non basta bloccare l’accesso alle auto: bisogna fornire delle alternative attraverso il servizio navette».
– Un altro esperimento in questi ultimi mesi sono state le “domeniche sostenibili” nei quartieri. Qual è il bilancio? Avete sentito l’approvazione da parte della cittadinanza?
«Abbiamo sempre il vizio di pensare che la limitazione del transito delle auto voglia dire disagio per la comunità. Mentre un cambio di mobilità vuol dire maggiore vivibilità: per i bambini che giocano per strada, per gli anziani che non devono camminare su marciapiedi stretti, per il commercio di vicinato. La risposta infatti è stata oltre le aspettative. C’è sete di condividere gli spazi, che è alla base di proposte come quella delle zone 30, che non si possono fare semplicemente con un cartello».
– Per concludere, qual è il maggiore nodo viabilistico che ha individuato e che si propone di risolvere durante questo mandato?
«La maggiore area di criticità è Verona Sud, che contiene grandi attrattori senza però essere dotata di una viabilità all’altezza (fin dall’uscita dal casello). La grande sfida è che il parcheggio della Genovesa rappresenti un polmone dove fermare le auto prima dell’entrata in città. Un’altra nostra priorità è di fornire una ciclo-pedonalità di attraversamento da sud a nord della città. Attualmente l’unica via è la ciclabile di Basso Acquar, che com’è adesso non va bene. Bisogna ricordarsi che la mobilità non è solo quella tra la provincia e la città, ma anche lo spostamento tra quartieri».

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