Il Calciastorie
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Quando i figli sono migliori del padre

Dicono che le sue prime parole, appena giunto in Italia, furono queste: «È proprio bella Pescara». Subito gli spiegarono che si trovava a Lecce. Mazinho è un nome simpatico per il calcio italiano, e a pensarci bene non è proprio un complimento. Come quando è una ragazza a essere definita “simpatica” (o un ragazzo è “un tipo”), e capisci che forse la bellezza non è proprio la sua caratteristica principale...

Parole chiave: Il calciastorie (121), Sport (139), Calcio (135)

Dicono che le sue prime parole, appena giunto in Italia, furono queste: «È proprio bella Pescara». Subito gli spiegarono che si trovava a Lecce. Mazinho è un nome simpatico per il calcio italiano, e a pensarci bene non è proprio un complimento. Come quando è una ragazza a essere definita “simpatica” (o un ragazzo è “un tipo”), e capisci che forse la bellezza non è proprio la sua caratteristica principale. Nel caso di Mazinho, l’attestazione della simpatia fa intuire che il talento non era quello di un fuoriclasse. Lo sa bene proprio il Lecce, quell’anno scivolato in Serie B. Eppure il centrocampista brasiliano, 21 presenze e 0 gol nella Fiorentina l’anno successivo, riuscì nel 1994, una volta rientrato in patria, a riconquistarsi un posto nella Seleçao. Il 28 giugno in semifinale dei Mondiali c’è la Svezia rivelazione del torneo, una riedizione di quella sfida che decise la coppa Rimet del 1958. Il Brasile, maglia blu, parte arrembante, tentando con un paio di tiri da fuori di sorprendere il 35enne portiere svedese Thomas Ravelli. Al 13’ Mazinho scatta sul filo del fuorigioco, riceve il pallone in area e, libero da marcature, manda la sfera a lato. Poco male, di tempo ce n’è ancora. Anche perché nel Brasile gioca un fuoriclasse come Romario, capace al 25’ di far andare in bambola la difesa svedese, mandando fuori giri il suo marcatore e infilandosi palla al piede tra due difensori. Tra lui e la porta c’è ancora Ravelli, in uscita disperata: Romario lo salta e – in equilibrio precario – appoggia verso la porta. Il tiro non è forte, ed è respinto sulla linea dall’ennesimo difensore svedese (ma quanti sono?). La palla arriva a Mazinho, al limite dell’area piccola, e con davanti a sé la porta vuota. Queste le parole del telecronista di Tmc: «...E poi all’ultimo… Mazinho... Ed è gol!!!». Enfasi anche da parte del radiocronista Rai: «...E poi mette in rete Mazinho!». Ma aggiunge, per completezza: «Gol annullato». Né l’una né l’altra: Mazinho è riuscito proprio a non centrare la porta neanche questa volta, e un po’ dispiace che i due giornalisti non abbiano avuto ragione. Pazienza, sarà comunque campione del mondo anche lui (purtroppo per l’Italia, sconfitta in finale). Ma i gol più belli – perdonate l’immagine da retorica un po’ vecchia – saranno i suoi figli: Rafinha, oggi in forza al Barcellona, e Thiago Alcántara, centrocampista del Bayern Monaco. Quest’ultimo è nato nel 1991, a 20 chilometri da Lecce. O da Pescara, chissà.

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