Il Calciastorie
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Ogni tanto un bel mea culpa non farebbe male

Vi avverto: questo articolo è proprio brutto. È brutto perché non ho tempo e trovare un argomento diverso ogni settimana non è facile. È brutto anche perché è un periodo impegnativo, il computer ogni tanto si impalla e la sfortuna si accanisce sempre contro di me. E poi è brutto anche per colpa di Alberto: il responsabile della pagina, in fin dei conti, è lui, mica io, che ho anche tante altre cose da fare, non solo il “Calciastorie”!

Parole chiave: Il Calciastorie (121), Lorenzo Galliani (56), Calcio (135)

Vi avverto: questo articolo è proprio brutto. È brutto perché non ho tempo e trovare un argomento diverso ogni settimana non è facile. È brutto anche perché è un periodo impegnativo, il computer ogni tanto si impalla e la sfortuna si accanisce sempre contro di me. E poi è brutto anche per colpa di Alberto: il responsabile della pagina, in fin dei conti, è lui, mica io, che ho anche tante altre cose da fare, non solo il “Calciastorie”!
Prendiamocela con noi stessi, ogni tanto. Facciamolo, se l’alternativa è scaricare l’insuccesso sulla malasorte, sugli altri, sugli episodi. Gli ambienti lavorativi – e sì, anche alcune famiglie – si compongono di persone esperte negli errori degli altri. L’Italia, per esempio – è il 1958 – deve vincere in Irlanda del Nord. O quantomeno pareggiare, confidando poi in una vittoria casalinga contro il Portogallo, che all’epoca non è forte come quello di Cristiano Ronaldo. Va bene, giochiamo in trasferta e il pubblico ci fischia per tutta la partita, ma suvvia: i più forti sono tutti dalla nostra parte. L’Italia passa in vantaggio con Ghiggia e non si arrende neppure dopo il pareggio di Cush: Montuori riporta avanti gli azzurri, raggiunti ancora una volta dal solito attaccante nordirlandese. Finisce in rissa e con il rischio di una clamorosa sconfitta: il tiro di Bean centra il palo e ci risparmia una discreta figuraccia. Dando per scontata la vittoria contro il Portogallo (che arriverà, con un rotondo 3-0), ci sarebbe da festeggiare la qualificazione ai mondiali. Invece no, perché la partita contro l’Irlanda del Nord non conta. Era solo un’amichevole. Chi lo ha deciso? Un complotto della federazione europea o la malasorte? Nessuna delle due. Lo aveva voluto l’Italia. La terna arbitrale ungherese, che forse non aveva chiaro il concetto di “partenza intelligente”, si era trovata bloccata all’aeroporto di Londra chiuso per nebbia. Che fare? All’Italia era arrivata la proposta di sostituire all’ultimo secondo quegli arbitri con altri “di lingua inglese”. Proposta rifiutata all’istante: saremmo stati sicuramente svantaggiati. Ecco la soluzione: rimandare la partita e trasformare la sfida con l’Irlanda del Nord in un’amichevole. Risultato: quel 2-2 ci avrebbe portato ai mondiali. La sconfitta per 2-1 nel successivo match, ufficiale, ci lascerà a casa. Colpa delle circostanze, certo. Ma colpa anche un po’ nostra.

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