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“El Tractor” argentino entrato nella leggenda

Se ti chiamano “El Tractor” forse non hai i piedi di Pelé o Maradona. Ma è lo stesso un complimento: vuol dire che sai andare per la tua strada, che non ti ferma nessuno, perché nessuno – o quasi – può fermare un trattore.

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Se ti chiamano “El Tractor” forse non hai i piedi di Pelé o Maradona. Ma è lo stesso un complimento: vuol dire che sai andare per la tua strada, che non ti ferma nessuno, perché nessuno – o quasi – può fermare un trattore.
Avrebbe rischiato di fermarsi subito, appena nato: un parto difficile, fu un ginecologo brasiliano a salvare lui e mamma Violeta. Per riconoscenza, il nome del medico – Aldemar – venne trasmesso al neonato, ma con un errore di battitura. Iniziò così la vita di Javier Adelmar Zanetti. Un fisico troppo gracile per diventare quello di un giocatore: quante storie di campioni sono iniziate in questo modo, da Donadoni a Leo Messi. “El Tractor” però era uno che non si fermava mai. Né si è fermato quando è arrivato all’Inter, ottenendo più di quanto avesse anche potuto sognare da ragazzino.
Tre episodi, raccontati da lui stesso. Il primo: è un 23 dicembre. L’antivigilia di Natale, ma soprattutto il giorno del suo matrimonio con Paula. Una data inusuale per sposarsi, ma tra allenamenti e partite ufficiali non restavano molti altri spazi liberi. La cerimonia è terminata, da lì al ricevimento c’è qualche ora libera. Javi non può girarsi i pollici: si infila gli scarpini e si mette a correre come un matto per la campagna, tra lo stupore di qualcuno arrivato con un po’ di anticipo. Un nuovo allenamento improvvisato si svolge qualche tempo dopo nel terminal di un aeroporto: Javi e Paula aspettano degli amici, ma il volo è in ritardo di oltre un’ora. «Mi sono portato dietro le scarpe da corsa», dice lui. «Ho sposato un pazzo», dice lei. Che viene pure sgridata, tempo dopo, per aver prenotato per le vacanze un albergo senza palestra. “El Tractor” se ne accorge solo all’arrivo: il preparatore gli aveva dato una tabella che prevedeva delle flessioni con 75 chili di peso. Javier si dà alla matematica applicata: solleva la moglie (50 chili) costretta a portare uno zaino pieno di libri (15 chili) e due pesi (ciascuno da 5). Un matto? Forse un po’.
Ma guardate ogni chiusura difensiva, ogni scatto, persino quelli da quarantenne che lasciava sul posto ragazzi che potevano essere suoi figli. Senza una preparazione seria, e concedendosi i classici strappi alla regola, “El Tractor” si sarebbe impantanato nei terreni del calcio professionistico.
Il suo lavoro, che è poi la sua passione, non si è accontentato di farlo. Ha voluto farlo bene.

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