Editoriale
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Una “bomba” su quelle bombe

Il 22 gennaio scorso è entrato in vigore il Trattato delle Nazioni Unite sulla proibizione delle armi nucleari. In pochi se ne sono accorti, dunque un trattato destinato, come i tanti precedenti, a restare sulla carta?

Il 22 gennaio scorso è entrato in vigore il Trattato delle Nazioni Unite sulla proibizione delle armi nucleari. In pochi se ne sono accorti, dunque un trattato destinato, come i tanti precedenti, a restare sulla carta? Non esattamente, perché la possibilità di eliminare le armi nucleari dipende anche da noi.“È particolarmente importante per le conferenze episcopali nazionali e regionali, nonché per le istituzioni e le fondazioni cattoliche, verificare se i fondi relativi alla Chiesa vengono investiti in società e banche coinvolte nella produzione di armi nucleari. In tal caso, intraprendere azioni correttive ponendo fine ai rapporti di finanziamento esistenti e cercare modi per il disinvestimento”, precisa il documento Armi nucleari fuorilegge, atto di pace e di giustizia, firmato da numerosi leader della Chiesa cattolica. Se le nostre istituzioni si impegneranno a mettere in pratica questo, perché non potrebbero farlo anche i singoli cittadini? Il trattato mira non solo a bloccare la proliferazione delle armi atomiche, ma ne proibisce anche lo sviluppo, i test, il trasporto e soprattutto vieta l’immagazzinamento. Certo, le regole e le limitazioni valgono solo per i Paesi firmatari – finora 86 nazioni hanno sottoscritto e 51 ratificato il Trattato di messa al bando di armi nucleari del 2017 e tra i primi si annovera la Santa Sede –, ma tutti gli altri sono esposti a contraccolpi economici o di immagine per il sostegno ad armamenti ufficialmente vietati dall’Onu, come anche nel caso di armi chimiche e batteriologiche.
Questo trattato cambia la percezione e, si spera, anche le pratiche. Già molti fondi e istituti finanziari hanno deciso che non investiranno più in produzione e in commercio di armamenti nucleari. Sono passi concreti, oltre a quelli ideali, che gettano speranza su un cambiamento di rotta e d’altra parte incutono timore alle potenze nucleari, perché l’industria atomica è costosa.
Se ci troviamo ancora in una situazione di stallo tra l’ideale morale e le pressanti realtà di un mondo costellato da migliaia di ordigni nucleari, dovremmo smettere di immaginare l’atomica come strumento di deterrenza, ma pensare, come il Concilio Vaticano II ha detto a proposito della guerra moderna, “con mentalità completamente nuova” e con scelte coerenti e coraggiose, aggiungo io.

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