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Realtà virtuale incubo reale

In tempo di Sanremo per un po’ veniamo distolti dal grande allarme, più mediatico che reale, del coronavirus. E mentre si scatena l’italico gossip che puntualmente condisce l’evento musicale più popolare del Paese, una notizia proveniente dall’Oriente ci ricorda quanto siamo vecchi e ormai superati anche in campo musicale...

Parole chiave: Editoriale (403), Stefano Origano (141), Sanremo (5)

In tempo di Sanremo per un po’ veniamo distolti dal grande allarme, più mediatico che reale, del coronavirus. E mentre si scatena l’italico gossip che puntualmente condisce l’evento musicale più popolare del Paese, una notizia proveniente dall’Oriente ci ricorda quanto siamo vecchi e ormai superati anche in campo musicale. Mentre noi ci affanniamo a seguire i grandi big della canzone italiana:  Al Bano e Romina, i Ricchi e Poveri, Rita Pavone, Michele Zarrillo e compagnia cantante o proviamo a imparare almeno i nomi dei nuovi artisti che ne dovrebbero raccogliere l’eredità canzonettistica, gli autori del Festival si sono dimenticati di invitare il vero nuovo che avanza: Hatsune Miku. Di chi si tratta, o meglio, di cosa si tratta? Perché Hatsune è un’artista virtuale, un ologramma animato mediante un software. Già da un decennio in Giappone questa popolare idol digitale manda in delirio i fans e riempie i teatri del Sol levante. E si possono ammirare in tutta la loro idiozia collettiva su migliaia di video che circolano in rete: con dei bastoncini illuminati, stile spada laser di Guerre stellari, si muovono tutti insieme seguendo le mosse della ragazzina Miku dai lunghi capelli viola. Lì non si capisce se sia più artificiale la cantante o gli spettatori. In altre parole si tratta di una star che non c’è, un cartone animato tridimensionale che mediante un sintetizzatore vocale riproduce suoni umani.
Non temete dunque, perché se dovesse venir meno qualche pietra miliare della vostra colonna sonora, questo sofisticato programma sarà in grado di riportare sul palco il vostro autore preferito e di farlo esibire anche con nuovi brani inediti. Li chiamano miracoli e sono resi possibili dalle tecnologie di risurrezione digitale e dalla computer grafica tridimensionale che consentono di rimodellare voci, volti e corpi.
Finché si tratta di gioco e divertimento, la cosa finisce lì, con qualche battuta di noi giurassici, nativi analogici incapaci di diventare digitali; ma se domattina, entrando in ufficio, al posto della collega Francesca ritrovassi alla scrivania un’altra Mikune in tutto simile a lei, ma “finta”, dovrei pensare che anche il mio posto prima o poi verrà occupato da un altro me. Che gioia! Io me ne vado al lago a prendere il sole e il mio avatar lavora al posto mio. Però non mi torna una cosa: alla fine del mese lo stipendio verrà accreditato sul mio conto o su quello di una software house giapponese? Un’ultima cosa: e se a Sanremo accadesse il contrario, che cioè sono reali i cantanti e virtuali gli spettatori? Mah.

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