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Lo “stipendio” dei preti

Ad un prete delle nostre parti potrebbe suscitare un po’ di imbarazzo, questa domenica, parlare in chiesa della Giornata di sensibilizzazione per il sostentamento del clero...

Parole chiave: Preti (22), Editoriale (380), Stefano Origano (141), Sacerdoti (17)

Ad un prete delle nostre parti potrebbe suscitare un po’ di imbarazzo, questa domenica, parlare in chiesa della Giornata di sensibilizzazione per il sostentamento del clero. Quasi che chiedesse per sé, quando la vocazione sacerdotale è fondamentalmente orientata ad extra. Il sistema attuale di remunerazione del clero italiano costituisce un grande passo in avanti rispetto a quello precedente che si basava sui benefici ecclesiastici, la cosiddetta “congrua”, dove alcune comunità dotate di benefici potevano garantire un tenore di vita quasi principesco per i propri sacerdoti, mentre altre, povere, obbligavano il prete a mantenersi con la coltivazione di un orto, con la caccia o con un “secondo lavoro” come l’insegnamento.
Oggi i sacerdoti italiani hanno un trattamento di base omogeneo. I numeri, che riportiamo nelle pagine interne dedicate alla Giornata per il sostentamento del clero ci dicono che i fondi per mantenere il clero diocesano arrivano per lo più attraverso la firma che gli italiani fanno sulla dichiarazione dei redditi nella sezione “destinazione dell’8 per mille” dell’imposta sui redditi delle persone fisiche.
Negli intendimenti di chi ha ideato questo sistema c’era l’intenzione di destinare la maggior parte di questi introiti, provenienti dallo Stato, per progetti caritativi in Italia e nel mondo e di riservare una parte minoritaria per integrare quanto necessario al mantenimento del clero diocesano. Di fatto a tutt’oggi la parte più considerevole di questi soldi finiscono lì. Ci sono altri canali che dovrebbero alimentare i fondi per il clero, come le offerte deducibili, ma al momento sono ancora poco compresi e utilizzati dai fedeli.
Nell’attuale contesto aumenta il numero delle famiglie che fanno fatica a mettere insieme il pranzo con la cena, mentre il clero è garantito con una casa, spesso anche con le utenze e deve badare economicamente solo a se stesso. Perciò chiedere soldi ai fedeli “per me”, sinceramente non ce la faccio. Ma ci sono tantissimi sacerdoti che campano esclusivamente di quello che arriva dall’Istituto per il sostentamento del clero e lo condividono con i poveri e le persone che vivono nella marginalità presso le quali prestano servizio. Poi nel segreto, molti apparentemente “ricchi” scelgono di restare ugualmente poveri nello spirito e nelle tasche.

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