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L’attualità della Pacem in terris

Mentre si celebra il 60° anniversario della Pacem in terris  di san Giovanni XXIII, pubblicata l’11 aprile 1963, vale la pena ricordare il contributo originale offerto da questa enciclica...

Parole chiave: Pacem in terris (2), Editoriale (380)

Mentre si celebra il 60° anniversario della Pacem in terris  di san Giovanni XXIII, pubblicata l’11 aprile 1963, vale la pena ricordare il contributo originale offerto da questa enciclica. Prima di tutto non polemizza e non lancia condanne. Poi non si preoccupa di elaborare una casistica per determinare quando una guerra è giusta o addirittura necessaria per ristabilire il diritto e la giustizia, ma parte dalla pace, “anelito profondo degli esseri umani di tutti i tempi”. Quindi non insiste nel censurare le ideologie che hanno determinato l’ascesa dei regimi militari, ma si concentra sui “segni dei tempi” rappresentati dai movimenti sociali che si sviluppano nelle diverse società e i possibili punti di contatto. La pace non è un pio voto, facile da attuare, ma una difficile costruzione da realizzare partendo dal basso. Non è soltanto uno stato dei rapporti fra Paesi: concerne tutti i livelli dell’esistenza sociale, fino alla dimensione intima di ogni persona. Ciò porta a parlare di un “disarmo integrale” che investe “anche gli spiriti”.

Interessante anche l’impostazione dei contenuti: dedica poche parole a definire il concetto della pace e si preoccupa di ricercare le condizioni che la rendono possibile: un nuovo ordine sociale fondato su verità, giustizia, amore e libertà. La pace non è soltanto assenza di guerra, ma è un insieme di relazioni positive tra gli individui e tra le comunità.

Sul tema delle armi invita alla ragione e a calcolarne praticamente la scarsa convenienza: la corsa agli armamenti non dà nessuna garanzia, mentre la strada del disarmo è sempre possibile quando si crea sinceramente un clima di mutua fiducia e si mantengono gli impegni assunti.

La Pacem in terris ha uno sguardo universale e sposta il punto di vista dalla parte di ogni uomo nelle grandi battaglie dell’epoca: l’indipendenza del Terzo Mondo, i programmi di sviluppo, la promozione della pace, i diritti umani.

Quanto osservava 60 anni fa papa Giovanni XXIII sul ruolo dell’Onu, sui diritti dell’uomo (da non confondere con quelli individuali) e sul disarmo sono tornati di grande attualità. La pace è possibile, anche quando infuria un conflitto. Accusare oggi la Chiesa di “pacifismo a senso unico” è solo un pretesto fuorviante.

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