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L’Italia “partigiana”

È riconosciuto universalmente che il cittadino italiano è un genere unico, si distingue in modo inconfondibile...

Parole chiave: Editoriale (380), Stefano Origano (141)

È riconosciuto universalmente che il cittadino italiano è un genere unico, si distingue in modo inconfondibile. Anche in questi giorni ne abbiamo la conferma: gli appartiene il primato indiscusso e inarrivabile di saper creare polemiche su tutto. Non c’è fatto, non c’è decisione, non c’è questione che non vanga trasformata in diatriba, in ring mediatico, in baruffa.

Parlano chiaro le statistiche: nei due anni di emergenza sanitaria sono aumentate le cause di separazione legale e si sono rotti legami che prima sembravano infrangibili. Siamo sempre più litigiosi? È dir poco. Nonostante la maggioranza dei cittadini alla fine si adegui, rimane pur sempre quella minoranza sempre più diffusa che non si piega, protesta e che non può più essere considerata “fisiologica” alla stregua del matto del villaggio. Dicono sia l’effetto dei social network, dove si può dire tutto e trovar sostenitori di ogni fantasiosa teoria.

E veniamo così anche quest’anno alla celebrazione della Liberazione d’Italia dal governo fascista e dall’occupazione nazista: potevano mancare le polemiche? No. Sappiamo che la questione è stata sanguinosa, con luci e ombre: un Paese dove la tessera del Partito Nazionale Fascista era necessaria come il pane per poter lavorare e sfamare la famiglia, ad un certo punto si risveglia tutto antifascista ed innamorato degli ideali democratici… In realtà non fu proprio così, la consapevolezza della storia e la responsabilità per il futuro furono guadagnati con fatica e non del tutto compiutamente. Però, dopo 77 anni da quel 25 aprile, non si capisce che senso abbia fomentare ancora polemiche, accapigliarsi per le bandiere e rivendicare presunti diritti di primogenitura sui valori costituzionali che fondano il nostro Stato.

Se ai nostri genitori e ai nostri nonni si poteva concedere il diritto ad essere ignoranti, perché non hanno avuto la possibilità di andare a scuola, oggi tutti abbiamo un titolo di studio superiore a quello elementare, ma a quanto pare ci serve a ben poco se non abbiamo ancora appreso la lezione: basta qualche post sui social per dare la stura al florilegio di favolose leggende che gettano il sospetto su qualunque parola o gesto o fatto. «Tu non sai cosa c’è dietro… Ma io so chi ci sta manovrando…». Evviva l’Italia. Evviva la democrazia.

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