Editoriale
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Il bilancio sociale quantifica il Pil della solidarietà

Il recente accordo siglato dall’Associazione diocesana delle opere assistenziali (Adoa) – che coordina enti e associazioni che operano nel campo dell’assistenza e cura nel mondo della carità, degli anziani, delle persone con disabilità e dei bambini – e il Dipartimento di Economia aziendale dell’Università di Verona, non solo offre uno strumento di alto livello per adempiere l’obbligo di redazione dei bilanci sociali introdotto dalla riforma del Terzo settore...

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Il recente accordo siglato dall’Associazione diocesana delle opere assistenziali (Adoa) – che coordina enti e associazioni che operano nel campo dell’assistenza e cura nel mondo della carità, degli anziani, delle persone con disabilità e dei bambini – e il Dipartimento di Economia aziendale dell’Università di Verona, non solo offre uno strumento di alto livello per adempiere l’obbligo di redazione dei bilanci sociali introdotto dalla riforma del Terzo settore, ma è divenuto un’opportunità che gli enti aderenti ad Adoa hanno colto per iniziare un percorso comune di confronto, valutazione e riqualificazione della propria mission e degli impatti che i propri servizi e la propria presenza hanno sulla società civile.
Questo importante passo che potrebbe sembrare di interesse solo per gli addetti ai lavori; invece dovrebbe far riflettere tutti quanti su un dato certo: il bilancio economico e finanziario di qualunque impresa, dalla multinazionale alla piccola associazione locale formata da volontari, non è più sufficiente per misurare quanto un’organizzazione sia efficiente. Il campo di indagine va allargato, oltre al profitto economico, anche all’impatto sociale, cioè alla ricaduta sul territorio in termini di presenza, conoscenza e legame sociale.
Per allargare il discorso potremmo dire che non basta analizzare il Pil di un Paese per capire il grado di benessere e felicità dei suoi cittadini. Perciò, se noi considerassimo quanto spostano il Pil  gli enti aderenti ad Adoa, dovremmo constatare che la loro azione in termini economici globalmente incide per lo zero-virgola… (anche se al suo interno ci sono aziende che nel corso degli anni sono cresciute notevolmente). Ma se andiamo a vedere sul territorio ciò che fanno e cosa rappresentano per le comunità e per le aree di fragilità, scopriamo che se senza di loro il Pil nazionale probabilmente non ne risentirebbe più di tanto, tuttavia la vita di molte famiglie ne risentirebbe in maniera determinante: non ce la farebbero ad andare avanti.
Il bilancio sociale aiuta a misurare in modo più sistematico quanto queste iniziative del Terzo settore generino risorse di socialità, di mutualità e di solidarietà, ma anche posti di lavoro, arrivando dove le strutture pubbliche non riescono. Inoltre trasformano la creatività dei cittadini in ricchezza che è quantificabile anche in euro, ma soprattutto in moltiplicatori di beni comuni.
La ricetta, in fondo è semplice e si ricollega con uno dei principi fondamentali della nostra Dottrina sociale: il principio di sussidiarietà che nella sua declinazione più semplice dice che dove si può intervenire a livello locale è meglio che non farlo a livello centrale e dove può agire la libera iniziativa dei cittadini è meglio di quanto può fare lo Stato.
Ovviamente nessuno intende sostituirsi al sistema di welfare nazionale, ma è sempre più chiaro che pubblico e privato (in questo caso Università e Adoa), governo centrale e iniziativa locale, in questo settore come in molti altri, possono generare preziose collaborazioni e dare risposte concrete e anche economicamente convenienti alle problematiche dei cittadini, migliorando di molto le condizioni di vita di tutti noi.
Stefano Origano

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