Editoriale di Mons. Zenti
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Un Natale con il cuore di Maria

Quello che stiamo vivendo liturgicamente è un Natale speciale. È il Natale dell’Anno Giubilare della Misericordia. Protagonista di primo piano è Maria. In qualità di Madre. Dalle sue viscere materne è venuto al mondo Colui che è la Misericordia del Padre fatta carne. Per questo Maria può essere invocata Madre di Misericordia appunto perché è la Madre della Misericordia personificata...

Parole chiave: Editoriale Vescovo (1), mons. Giuseppe Zenti (309), Natale (46), Anno Giubilare (6)

Quello che stiamo vivendo liturgicamente è un Natale speciale. È il Natale dell’Anno Giubilare della Misericordia. Protagonista di primo piano è Maria. In qualità di Madre. Dalle sue viscere materne è venuto al mondo Colui che è la Misericordia del Padre fatta carne. Per questo Maria può essere invocata Madre di Misericordia appunto perché è la Madre della Misericordia personificata.
Misericordia! Parola grandiosa. Dalla sua etimologia latina, evoca il senso dell’avere cuore umano per le miserie di cui soffrono le persone. Tuttavia, proprio il contenuto della Misericordia si coglie ancor meglio nella sua profondità se facciamo riferimento ai corrispondenti termini in ebraico e in greco. Entrambi richiamano il senso delle viscere materne. Come a dire che chi è misericordioso, Dio o l’uomo che sia, è dotato di un amore da viscere materne. In che senso? Può accadere, benché sia un assurdo e una vergogna, che un figlio si dimentichi di sua madre e, all’occorrenza, non se ne prenda cura, come fosse una estranea. Mai accadrà che una madre si dimentichi di un figlio, se non nel caso di follia. Ad ogni evento che tocca un figlio, favorevole o devastante, le sue viscere materne si commuovono, si emozionano e la sospingono a intervenire in suo favore.
Tenendo a fondamento della nostra breve conversazione questa accezione di Misericordia, cioè avere cuore e viscere materne per chi si trova in difficoltà materiale o spirituale, tentiamo di coniugarla almeno con tre atteggiamenti consequenziali: l’accoglienza, la solidarietà e la riconciliazione.
Anzitutto l’accoglienza di ogni persona che condivide le nostre giornate. Per quello che è. Con i suoi pregi, i suoi limiti e i suoi difetti. Come fanno le mamme, ma pensiamo anche i papà, nei confronti dei figli. Come faceva Gesù di fronte alle folle affamate, alla morte di una bambina, di un bambino, di un amico come Lazzaro: non si è solo commosso; gli si sono sconvolte le viscere ed è intervenuto in modo corrispondente ai suoi poteri. Non dimentichiamo poi che il mistero dell’Incarnazione esprime tale accoglienza da far vita con ogni uomo, nel quale ha posto la sua dimora. Non dunque una accoglienza solo dei sostenitori, dei propri yes-man, rifiutando tutti gli altri.
Il secondo atteggiamento: la solidarietà. Chi ha misericordia da viscere materne, spontaneamente si fa carico delle situazioni da lui risolvibili, come ha fatto il Buon Samaritano. Sulla pratica della solidarietà saremo giudicati: «Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25, 40).
Che Natale splendido sarebbe se molti politici, dirigenti e persone benestanti maturassero dentro di sé viscere materne verso chi grida aiuto per non soccombere nella disperazione!
Infine la riconciliazione. Chi ha viscere materne non vede l’ora di ricucire rapporti strappati, per mille cause. Una bella riconciliazione, sigillata da un abbraccio di pace, da uno sguardo di simpatia e da un semplice «Ti voglio bene!», fa autentico il Natale.

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