Editoriale di Mons. Zenti
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Quale speranza dalla Pasqua di quest’anno?

Quest’anno la Pasqua cade proprio male. Tutti speravamo che segnasse l’apertura delle attività e, soprattutto, delle nostre chiese, nelle quali cantare il Te Deum per essere usciti dal tunnel della pandemia di Covid-19. Siamo costretti dalla realtà a viverla più da Venerdì Santo e Sabato Santo prolungati che da domenica di Risurrezione...

Parole chiave: Pasqua (37), Speranza (3), Risurrezione (3), Mons. Giuseppe Zenti (331)

Quest’anno la Pasqua cade proprio male. Tutti speravamo che segnasse l’apertura delle attività e, soprattutto, delle nostre chiese, nelle quali cantare il Te Deum per essere usciti dal tunnel della pandemia di Covid-19. Siamo costretti dalla realtà a viverla più da Venerdì Santo e Sabato Santo prolungati che da domenica di Risurrezione.
La stessa speranza che è l’anima del vivere, sembra stia morendo per soffocamento. Era successo qualche cosa di simile anche ai discepoli di Emmaus: «Noi speravamo!». Anche in loro la speranza era tramortita. Ma poi, accompagnati dal Risorto, in loro è risorta.
La vera speranza, che non delude, è radicata nella Pasqua, che è il vaccino contro ogni forma di pessimismo e di rassegnazione sconfortata.
Certo, dobbiamo proclamarlo a chiara voce: parliamo di speranza cristiana e non puramente umana che rischia di involversi in illusione. La speranza cristiana oltrepassa la siepe dell’orizzonte terreno. Approda in quell’Oltre che fa da traino, come un magnete, anche alle speranze terrene, di cui pure il vivere dell’uomo ha necessità. Gesù risorto infatti non ha abbandonato la storia. Ne è l’anima, attraverso il suo Spirito. E anche il cristiano, perché credente nel Risorto e animato dallo Spirito, si fa carico della storia e della sua complessità, stando in prima linea sulle frontiere delle criticità, come quella devastante odierna. In Cristo, il cristiano fa sue tutte le sofferenze dell’umanità. Oggi, in specie, le sofferenze delle persone che muoiono all’ospedale per Coronavirus, e delle loro famiglie impedite di essere accanto ai loro cari, mentre lasciano questo mondo, e addirittura di celebrare funerali dignitosi: uno strazio disumano!
Eppure, se c’è uno che due mila anni fa ha condiviso esattamente questa condizione di strazio disumano e che assume su di sé anche tutte quelle dell’oggi, è proprio Gesù: morto sulla croce in ultima analisi per soffocamento tra dolori allucinanti e senza avere funerali solenni; pochissime persone per deporlo nel sepolcro in fretta e furia poiché incombeva il grande Sabato. Ma in Gesù è dato a tutti di entrare nella prospettiva di una Pasqua oltre il tempo, capace di dare al tempo valore di eternità.
In definitiva è la Pasqua eterna, verso la quale siamo chiamati ad essere protesi che dà senso al travaglio della vita presente, proprio nell’immettervi, soprattutto attraverso la Liturgia, le staminali della Pasqua, al fine di far rinascere nel Risorto una umanità nuova, più sensibile all’essenziale, più umana, solidale, rispettosa del Creato, meno stressata e litigiosa.
Se la Pasqua sarà vissuta così nel cuore di ognuno e in famiglia, che, forzatamente trasformata in cenacolo a porte chiuse, accoglie il Risorto nella gioia della sorpresa, sicuramente la speranza avrà un sussulto di nuova vita. Buona Pasqua a tutti, specialmente a chi ha la speranza ormai al lumicino.

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