Condiscepoli di Agostino
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“Se mi sbaglio, esisto”: la coscienza di esistere, di conoscere e di amare

Uno dei più noti principi filosofici di Cartesio è il seguente: “Se penso, esisto”. A onor del vero, molto prima di lui Agostino aveva espresso la stessa convinzione sotto altra forma, ancor più radicale: “Se mi sbaglio, esisto” (De civitate Dei 11,26: “Si enim fallor, sum”)...

Parole chiave: Aforismi (46), Sant'Agostino (175), Mons. Giuseppe Zenti (311), Vescovo di Verona (245)

Uno dei più noti principi filosofici di Cartesio è il seguente: “Se penso, esisto”. A onor del vero, molto prima di lui Agostino aveva espresso la stessa convinzione sotto altra forma, ancor più radicale: “Se mi sbaglio, esisto” (De civitate Dei 11,26: “Si enim fallor, sum”). Colloca questo aforisma nel contesto in cui presenta l’uomo come unico essere creato ad immagine di Dio. Su questo tema torneremo in seguito. Concentriamo ora l’attenzione sull’aforisma citato. Parte da una constatazione di carattere universale: “Noi esistiamo, abbiamo coscienza di esistere, amiamo il nostro esistere e l’averne coscienza” (Ivi). Chi potrebbe dubitarne? Ne dubitavano quei filosofi denominati accademici, da cui Agostino stesso si era lasciato ingannare. Essi affermavano che la verità potrebbe esistere in sé, ma non è dato all’uomo di raggiungerla. Ecco dunque l’obiezione radicale degli accademici: “E che, se ti sbagli?” (Ivi). Non asseriscono: “Di certo ti sbagli”, ma inoculano il dubbio. Al che, argutamente, Agostino ribatte: “Se mi sbaglio, esisto” (Ivi). Posso sbagliarmi, dunque, ma se mi sbaglio comunque vuol dire che esisto: “Chi non esiste, non si può nemmeno sbagliare e per questo esisto se mi sbaglio” (Ivi). Agostino scava in profondità dentro di sé e prosegue: “Poiché esisto se mi sbaglio, non posso sbagliarmi di esistere, se è certo che esisto se mi sbaglio.” (Ivi). Non è un gioco di parole, ma uno sguardo d’aquila. Incontestabile. Di conseguenza: “Non mi sbaglio del fatto che ho coscienza di esistere. Ne consegue che non mi sbaglio del fatto che ho coscienza di averne coscienza. Come, infatti ho coscienza di esistere così ho coscienza anche di averne coscienza” (Ivi). A questo punto, Agostino fa un ulteriore passo in avanti nella sua riflessione. Alla coscienza di esistere aggiunge la coscienza di amare: “Non posso sbagliarmi di amare, poiché non mi sbaglio sulle cose che amo” (Ivi). Non è finita la tesi. Va oltre. Entra in quell’abito della felicità che per Agostino è una delle rocche forti del suo pensiero: “E come non si vuole non esistere, così non si vuole non essere felici” (Ivi). Altra, definitiva, prova del suo aforisma: “Non si può essere felici se non si esiste” (Ivi). Ecco la grandezza dell’uomo, ben superiore agli altri esseri creati: ha coscienza di esistere, di conoscere e di amare!

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