Condiscepoli di Agostino
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Nessuno può amare una realtà del tutto sconosciuta

Alla ricerca dei segni che Dio ha lasciato nell’uomo del suo essere Trinità, in quanto creato a sua immagine, Agostino parte da un principio che sviscera in mille modi...

Nessuno può amare una realtà del tutto sconosciuta

Alla ricerca dei segni che Dio ha lasciato nell’uomo del suo essere Trinità, in quanto creato a sua immagine, Agostino parte da un principio che sviscera in mille modi: “Nessuno può amare una realtà del tutto sconosciuta” (De Trinitate 10,1.1: “Rem prorsus ignotam amare omnino nullus potest”). Molto opportunamente Agostino, con la sua perspicacia, precisa “del tutto sconosciuta”. Ciò non vuol dire che per amare una realtà dobbiamo conoscerla del tutto, in modo esaustivo. Il che sarebbe l’optimum. Ma noi amiamo anche realtà su cui la curiosità ci induce ad indagare. Magari per averne sentito parlare: “Se si tratta della conoscenza di nuove scienze, il più delle volte ne accende in noi il desiderio l’autorità di coloro che le lodano e le celebrano; tuttavia, se non avessimo impressa nella mente, come in un abbozzo, la nozione di ciascuna scienza, non arderemmo dal desiderio di apprenderla” (Ivi). Da notare il fatto che Agostino è un indagatore quasi senza pari della conoscenza umana e del suo processo. E solo attraverso questa indagine si sente poi autorizzato ad entrare nel Mistero della Trinità inciso nell’uomo creato a sua immagine. Partendo dunque da ciò che è conosciuto e, perciò, amato, si sviluppa nell’uomo il desiderio di conoscere altre realtà. In effetti, l’uomo è un essere insaziabile di conoscenza, perché è insaziabile di amore: “Così si accende la passione di conoscere. Infatti, ciò che uno ignora del tutto, in nessun modo può amarlo” (Ivi). Partendo poi della conoscenza di ciò che è noto, la mente dell’uomo cerca di conoscere anche ciò che le resta da sapere (Cfr De Trinitate 10,1.2). Conoscendo, ad esempio, qualche lingua, l’uomo avverte l’importanza di conoscerne altre, amandole, facendole proprie, in quanto facilitano la comunicazione tra tutti, superando il pericolo della solitudine e comunicando invece i propri pensieri per mezzo del linguaggio (Cfr. Ivi). Prosegue Agostino nelle precisazioni: se una persona vuol sapere ciò che ignora, ciò non significa amare ciò che si ignora, ma amare ciò che verrà a conoscere una volta superata l’ignoranza (Cfr. De Trinitate 10,1.3). Tutte queste riflessioni, ed altre ancor più impegnative, offerte da Agostino, conducono almeno ad una conclusione: non affrontiamo con superficialità l’argomento del Mistero trinitario, né delle sue tracce lasciate nell’uomo creato a sua immagine. Più conosceremo il Mistero trinitario più saremo portati ad amarlo; e più conosceremo l’immagine di Dio nell’uomo, più saremo sollecitati ad amarlo, a rispettarlo e a valorizzarlo.

† Giuseppe Zenti

Vescovo emerito di Verona

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