Condiscepoli di Agostino
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La soluzione agostiniana del tempo

Agostino si domanda come può misurare il tempo se il presente non è misurabile, in quanto è sfuggente, nel senso che mentre sto pensando o dicendo qualche cosa il presente è già diventato passato e il futuro sta fluendo nel passato passando per il presente istantaneo...

Agostino si domanda come può misurare il tempo se il presente non è misurabile, in quanto è sfuggente, nel senso che mentre sto pensando o dicendo qualche cosa il presente è già diventato passato e il futuro sta fluendo nel passato passando per il presente istantaneo. Che cosa di fatto l’uomo riesce a misurare? Non il tempo che in sé non ha misura, ma l’effetto che le esperienze lasciano nell’animo: “In te, animo mio, misuro i tempi... L’affezione che le cose producono in te nel loro passaggio e che rimane in te anche quando quelle cose sono passate è proprio questa che io misuro presente, non le cose, che sono passate per produrla. È questo che io misuro quando misuro il tempo... In questo modo, mentre lo sforzo presente fa passare il futuro nel passato e in tal modo il futuro diminuisce mentre cresce il passato, fino a quando, una volta che il futuro si sia esaurito, non rimane che il passato”.
Ottima e geniale la soluzione di Agostino: il tempo si snoda tra memoria del passato, attenzione presente e attesa del futuro: “Ma come diminuisce o si consuma il futuro che ancora non è, o cresce il passato che non è più, se non perché nell’animo che opera questo ci sono tre momenti diversi? Infatti attende, presta attenzione,ricorda, in modo che ciò che attende, mediante ciò a cui presta attenzione passi in ciò che ricorderà. Nell’animo c’è già l’attesa del futuro. Nell’animo c’è ancora la memoria del passato... il tempo presente è privo di estensione, però dura l’attenzione attraverso la quale va verso la scomparsa ciò che è presente. Dunque non è lungo il tempo futuro che non esiste, ma un lungo futuro è una lunga attesa del futuro; né è lungo il tempo passato che non è, ma un lungo passato è una lunga memoria del passato”.
Ed esemplifica nell’esperienza del canto: “Quando sto per cantare una canzone che conosco, prima di iniziare la mia attesa si rivolge all’intera canzone; e dopo che avrò incominciato a cantare, tutto ciò che di essa avrò via via consegnato al passato, si distende anche nella mia memoria. E la vita di questa mia azione si distende da un lato nella memoria per ciò che ho già pronunciato e, dall’altro, nell’attesa per ciò che sto per pronunciare, mentre è presente la mia attenzione, mediante la quale ciò che era futuro passa per diventare passato. E quanto più questa azione si svolge, tanto più si abbrevia l’attesa e si prolunga la memoria, fino a che l’attesa si consumi tutta quanta, quando quell’azione, ormai compiuta, sia passata nella memoria”.
E si proietta oltre il tempo: “Ma poiché la tua misericordia è al di sopra di tutte le vite, ecco che la mia vita è una distensione (dissipazione) e la tua destra mi ha raccolto nel mio Signore, nel Figlio dell’uomo, mediatore fra Te, Unità, e noi molti in molte cose, affinché mediante lui io possa raggiungere colui dal quale sono stato raggiunto e dai giorni vecchi mi raccolga seguendo l’Uno, dimentico delle cose passate e non frammentato nella tensione verso le cose future che passeranno, ma proteso verso ciò che mi sta davanti, non nella dissipazione ma con concentrazione inseguo la palma della chiamata celeste, dove udrò il cantico della lode e contemplerò la delizia tua, che non viene e non passa. Ora trascorro i miei anni fra i gemiti, mentre Tu sei il mio conforto, Signore Padre mio, che sei eterno. Io mi sono disperso fra i tempi, di cui non conosco l’ordine, e i miei pensieri e le interiori viscere dell’anima mia sono dilaniati nel tumulto della molteplicità, fino a che non confluirò in Te, purificato e fuso dalla fiamma del tuo amore”.
† Giuseppe Zenti
Vescovo di Verona

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