Condiscepoli di Agostino
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La pace è ordinata concordia

Ed eccoci arrivati ad un testo splendido sulla pace. Nelle sfumature che Agostino sa trarre in riferimento ai vari soggetti della pace, un aforisma riassume in modo geniale il senso profondo della pace: l’ordinata concordia...

Parole chiave: La città di Dio (66), Sant'Agostino (175)

Ed eccoci arrivati ad un testo splendido sulla pace. Nelle sfumature che Agostino sa trarre in riferimento ai vari soggetti della pace, un aforisma riassume in modo geniale il senso profondo della pace: l’ordinata concordia. Sostanzialmente: essere un cuor solo, ognuno nel suo ordine, al suo posto! Un vero colpo di genio: “Pertanto la pace del corpo è l’ordinata proporzione delle parti; la pace dell’anima irrazionale è l’ordinata quiete degli appetiti; la pace dell’anima razionale è l’ordinato consenso del pensare e del fare; la pace del corpo e dell’anima è la vita ordinata e la salute della persona animata; la pace dell’uomo mortale e di Dio è l’ordinata obbedienza nella fede sotto l’eterna legge; la pace degli uomini è l’ordinata concordia (pax hominum ordinata concordia); la pace della casa è l’ordinata concordia di comandare e di obbedire da parte di coloro che abitano insieme; la pace della città è l’ordinata concordia dei cittadini di comandare e di obbedire; la pace della Città celeste è l’ordinatissima e concordissima unione di fruire di Dio e reciprocamente in Dio; la pace di tutte le cose è la tranquillità dell’ordine (pax omnium rerum tranquillitas ordinis). L’ordine è la disposizione che attribuisce a ciascuna realtà, pari e dispari, il proprio posto” (De civ. Dei, XIX, 13.1).

Agostino distingue nettamente tra male e malvagità. Nessuna creatura in quanto essere è un male, nemmeno il diavolo. È la perversità, cioè la ribellione all’ordine dato da Dio, che rende la creatura malvagia. A tutti Dio ha affidato il bene supremo che è la pace terrena: “Una natura nella quale non vi sia nulla di buono non può esistere. Di conseguenza, nemmeno la natura dello stesso diavolo, in quanto natura, è un male, ma la perversità la fa malvagia… Pertanto Dio sapientissimo Creatore di tutte le cose e giustissimo ordinatore che ha istituito il mortale genere umano come il più grande degli ornamenti terreni, ha dato agli uomini dei beni congrui per questa vita, cioè la pace temporale” (De civ. Dei, XIX, 13.2).

La pace vera si ha quando si realizza l’amore a Dio, a se stessi e al prossimo. Grazie all’ordinata concordia, l’uomo evita di nuocere al prossimo e si impegna ad essergli utile. Anche chi comanda è chiamato a mettersi al servizio del bene comune, prendendosi cura di tutti, con umiltà: “Pertanto l’uso delle cose temporali si riferisce al frutto della pace terrena nella città terrena; nella Città celeste invece si riferisce al frutto della pace eterna. Se fossimo animali irrazionali non avremmo altro appetito che quello di tendere alla giusta proporzione delle parti del corpo e alla sazietà degli appetiti… Dio come maestro insegna due principali precetti, cioè l’amore di Dio e l’amore del prossimo, nei quali l’uomo trova tre cose da amare: Dio, se stesso e il prossimo. E chi ama Dio non erra nell’amare se stesso… e per questo sarà tranquillo, per quanto dipende da se stesso, con ogni uomo con la pace degli uomini, cioè con l’ordinata concordia, il cui ordine è dapprima il non nuocere e poi anche di utilità a chi avrà potuto. Anzitutto pertanto si prende cura dei suoi… Ma nella casa del giusto che vive di fede ed è ancora peregrinante da quella Città celeste, anche coloro che comandano si mettono a servizio di coloro cui sembrano comandare. Infatti, non per avidità di dominare comandano, ma per dovere di provvedere, e non per superbia di essere i signori, ma per misericordia di prendersi cura” (De civ. Dei, XIX, 14).

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