Condiscepoli di Agostino
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Caino e Abele capostipiti delle due città

Mentre Caino ha edificato una città terrena, Abele visse da esule in vista del cielo: “La città dei Santi è nel cielo, benché partorisca figli qui, nei quali è peregrinante, finché giunga il tempo del suo Regno, quando raccoglierà come un gregge tutti coloro che risorgeranno nel proprio corpo, quando sarà dato loro il Regno promesso, dove con il loro Principe re regneranno senza alcun fine del tempo” (De civ. Dei, XV, 2).

Parole chiave: Mons. Giuseppe Zenti (325), Vescovo di Verona (247), La Città di Dio (66), Sant'Agostino (187)

Mentre Caino ha edificato una città terrena, Abele visse da esule in vista del cielo: “La città dei Santi è nel cielo, benché partorisca figli qui, nei quali è peregrinante, finché giunga il tempo del suo Regno, quando raccoglierà come un gregge tutti coloro che risorgeranno nel proprio corpo, quando sarà dato loro il Regno promesso, dove con il loro Principe re regneranno senza alcun fine del tempo” (De civ. Dei, XV, 2). Come figli del peccato originale nasciamo con una natura corrotta. Come figli della grazia entriamo a far parte della città di Dio: “Pertanto troviamo nella città terrena due aspetti, uno che dimostra la sua presenza, l’altro che con la sua presenza serve a significare la città celeste. Partorisce però i cittadini della città terrena la natura corrotta dal peccato, mentre la grazia che libera la natura dal peccato partorisce i cittadini della città celeste” (Ivi).
La città terrena è interamente inchiodata alla terra. I suoi cittadini fanno guerra gli uni contro gli altri. La vera pace viene raggiunta solo nella città di Dio: “Certamente la città terrena, che non sarà sempiterna, ha qui il suo bene, dalla cui partecipazione trae diletto, quale può essere la letizia da tali beni. E poiché tale bene non è tale da annullare le angustie ai suoi amatori, di conseguenza, questa città contro se stessa per lo più litigando si divide, facendo guerra e battaglie e cercando vittorie che causano morti o certamente piene di morti… Questa pace cercano le travagliate guerre, questa pace la raggiunge quella vittoria che viene ritenuta gloriosa” (De civ. Dei, XV, 4). Fondatore della città terrena fu Caino che uccise il fratello Abele; fondatore della città simbolo della città terrena, Roma, fu Romolo che uccise il fratello Remo. Queste le sue origini: “Il primo fondatore della città terrena fu un fratricida: infatti, vinto dall’invidia, uccise suo fratello cittadino della città eterna peregrinante in questa terra… Così è stata fondata Roma, quando la storia romana attesta che Remo è stato ucciso dal fratello Romolo… Si oppongono tra di loro cattivi e cattivi, come pure cattivi e buoni, ma non è possibile che buoni e buoni, se sono perfetti, possano combattersi reciprocamente” (De civ. Dei, XV, 5). Agostino fissa l’attenzione sulla malvagità dell’uomo e non la attribuisce alla natura, bensì al pervertimento della volontà dell’uomo: “È certamente questo languore (stato di malattia), cioè quella disobbedienza, della quale abbiamo dissertato nel libro quattordicesimo, il supplizio della prima colpa, e perciò non espressione di natura, ma vizio” (De civ. Dei, XV, 6). I buoni che seguono gli insegnamenti della Parola di Dio, cioè i “cittadini della città di Dio esiliati in questa terra e anelanti alla pace della patria lassù” (Ivi), ottengono la guarigione dal male, divenendo vasi della misericordia di Dio (Cfr. Ivi).
Riprendendo la terminologia a lui cara, Agostino precisa il fatto che chi è città di Dio fa uso delle cose del mondo per fruire solo di Dio, mentre chi è città terrena usa Dio come un oggetto e fa del mondo il suo assoluto: “I buoni di certo fanno uso del mondo per fruire di Dio, mentre i cattivi vogliono usare Dio per fruire del mondo” (De civ. Dei, XV, 7.1). Certo il peccato è per così dire accovacciato al cuore dell’uomo. Tuttavia l’uomo non ne verrà dominato se mantiene un atteggiamento ispirato alla conversione (Cfr. De civ. Dei, XV, 7.2). Anzi, l’uomo deve dominare la carne tra i cui effetti vi è l’invidia. Persino i filosofi sono concordi nell’affermare che “la mente debba imperare e con la ragione reprimerla (l’invidia) dalle azioni illecite” (Ivi). Purtroppo Caino ha ucciso il fratello per invidia: “Tale era il fondatore della città terrena” (Ivi). Abele invece era prefigurazione di Cristo (Cfr. Ivi).

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