Condiscepoli di Agostino
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Agostino incapace di decidersi per la conversione

Agostino ha vissuto anni di travaglio dovuto al fluttuare in lui di una volontà di bene e una volontà che mirava alla libidine. Anche da adulto. Da trentenne. Nel pieno della carriera di retore. Si sentiva come dissociato. Certo, con la sua perspicace intelligenza, aveva consapevolezza che tutta la realtà, lui stesso compreso, trae la sua esistenza e la sua verità da Dio ed è nelle sue mani: “E ho rivolto il mio sguardo verso le altre realtà e vidi che debbono a Te la loro esistenza e anche il loro termine, poiché Tu le tieni tutte nella tua mano con verità e tutte partecipano della verità, in quanto esistono e non c’è alcuna falsità se non quando si pensa che siano ciò che non sono”.

Agostino ha vissuto anni di travaglio dovuto al fluttuare in lui di una volontà di bene e una volontà che mirava alla libidine. Anche da adulto. Da trentenne. Nel pieno della carriera di retore. Si sentiva come dissociato. Certo, con la sua perspicace intelligenza, aveva consapevolezza che tutta la realtà, lui stesso compreso, trae la sua esistenza e la sua verità da Dio ed è nelle sue mani: “E ho rivolto il mio sguardo verso le altre realtà e vidi che debbono a Te la loro esistenza e anche il loro termine, poiché Tu le tieni tutte nella tua mano con verità e tutte partecipano della verità, in quanto esistono e non c’è alcuna falsità se non quando si pensa che siano ciò che non sono”.
Ma nel contempo non riusciva a penetrare nel mistero dell’umiltà di Cristo, come suo Salvatore, appunto perché lui, Agostino, non era affatto umile. Di conseguenza, non aveva la predisposizione a convertirsi a Colui che per amor suo si era fatto umile fino a farsi uomo da dio che era: “In effetti, non possedevo il mio Dio, l’umile Gesù, da umile. E non conoscevo di quale realtà fosse maestra la sua infermità”.
Una forte spinta alla conversione gli venne dalla lettura di esempi significativi, come nel caso della conversione di Vittorino, un maestro di retorica, traduttore di testi platonici in lingua latina che lo stesso Agostino aveva avuto modo di leggere, grazie ai quali si accostò alla filosofia dei Platonici che gli propiziarono un avvicinamento al Cristianesimo: “Vittorino non si vergognò di farsi battezzare da vecchio, divenendo un fanciullo di Cristo, e di essere infante del tuo fonte battesimale sottomettendosi al giogo dell’umiltà”.
A questo punto, Agostino si rende conto che ai fini della conversione ancora gli mancava un suo forte desiderio, una sorta di sospiro, che invece era necessario come l’appetito nei confronti del cibo o come l’attesa della sposa per gustare il matrimonio: “Non c’è nessuna voluttà del mangiare e del bere se non li precede lo stimolo della fame e della sete... Ed è stato stabilito che le spose promesse non siano consegnate subito, perché il marito non la disprezzi una volta data, senza che lo sposo, perché differita, l’abbia sospirata”.
Provvidenzialmente cominciò a sentirne il desiderio che poco alla volta si trasformò in bisogno. E lo esprime con una serie concatenata di verbi dinamici: “Orsù, Signore, agisci, risvegliaci e richiamaci, accendici e rapiscici, infiammaci, facci gustare la dolcezza: amiamo e corriamo”. Anzi, ci offre una ulteriore interessante osservazione che spiega il valore dei verbi usati al plurale: “Quando si condivide la gioia con molti, anche nei singoli la gioia è più rigogliosa, poiché ci si infervora e ci si infiamma l’un l’altro”.
Ma nel contempo stava sperimentando un dissidio interiore che lo lacerava: una sorta di lotta interiore tra due sue volontà, una di bene e un’altra di male, che stanno a fondamento della legge inesorabile della droga: si inizia con niente, poi se ne fa una abitudine e infine ne consegue una necessità da cui non si riesce più a liberarsi: “Senza dubbio da una volontà perversa è stata fatta la libidine e mentre ci si mette in schiavitù della libidine si forma una consuetudine e mentre non si resiste alla consuetudine ne consegue una necessità... In tal modo le mie due volontà, una vecchia e l’altra nuova, quella carnale e quella spirituale confliggevano tra loro e nella loro discordia dissipavano la mia anima”.
D’altra parte, questo dissidio tra le due volontà non era una novità della sua età adulta. L’aveva già sperimentato nella sua adolescenza: “Ma io, assai misero ancora adolescente, misero nell’esordio stesso della mia adolescenza, ti avevo anche chiesto la castità e Ti avevo detto: «Dammi la castità e la continenza». Dunque, in questa richiesta orante si era espressa la volontà di bene. Ma immediatamente Agostino nella stessa preghiera fa seguire una clausola: “ma non ora”. E ne spiega la ragione: “Temevo infatti che Tu mi esaudissi immediatamente e immediatamente mi risanassi dal morbo della concupiscenza, che io preferivo venisse espletata piuttosto che estinta”. Anche lì, due volontà: una lo sospingeva alla castità, l’altra lo induceva a protrarre il più avanti possibile il risanamento della sua passione libidinosa.

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