Nelle celebrazioni natalizie la liturgia ci permette di rivisitare non solo l’evento dell’Incarnazione, ma anche altri episodi che riguardano Gesù ancora prima della sua nascita e fino al giorno del suo Battesimo. La fonte narrativa è data dai “Vangeli dell’infanzia”, scritti da Matteo e Luca. Essi intendono condurre per mano a cogliere in eventi più o meno normali un significato superiore, pieno di bellezza oltreché straordinario: Dio entra nell’umanità fino al punto di prendere corpo di uomo. È “Dio-con-noi”. D’ora in poi il viaggio dell’uomo sarà sempre con Dio al suo fianco. Non mancano indicazioni che avvalorano la storicità dell’evento dell’Incarnazione, fermo restando che sono soprattutto testi di fede, di teologia. La storia dell’Incarnazione è offerta nel suo significato profondo come manifestazione di Dio, come rivelazione che risplende nella vicenda del bambino nato a Betlemme. Tali pagine evangeliche sono da approfondire, studiare e meditare. Possono anche trasformarsi in lode e pure in preghiera. È soprattutto Luca a costellare di preghiere il suo Vangelo, a partire dalla prima, la più amata e più semplice preghiera mariana, pronunciata nell’Annunciazione. È l’“Ave Maria” dell’arcangelo Gabriele: «Rallegrati piena di grazia: il Signore è con te». A questa invocazione seguono, nel successivo episodio della Visitazione di Maria, la benedizione («Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo») e la beatitudine di Elisabetta («Beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore»). Contestualmente Maria risponde all’invocazione della cugina con il Magnificat. Martin Lutero scrive: “Questo santo cantico della benedetta madre di Dio dovrebbe essere ben imparato da tutti”. Il Magnificat è come un meraviglioso tessuto pieno di reminiscenze bibliche e di profonde attese umane. Esalta le scelte di Dio, che non coincidono con quelle degli uomini pieni di sé, in costante ricerca di troni su cui sedersi. Nel racconto successivo, sempre in Luca, si trova il Benedictus, l’inno di Zaccaria, padre del neonato Battista. Il solenne testo è una sintesi della storia della salvezza, che ora arriva al suo vertice, unendo l’attesa del Messia alla sua realizzazione. Raccontando poi la notte di Natale, l’evangelista presenta il celebre coro angelico del “Gloria a Dio nell’alto dei cieli”. La gloria divina si manifesta nella buona volontà e nell’amore che il Signore nutre nei confronti di ciascuno dei suoi figli.L’ultima preghiera nel racconto dell’infanzia è incastonata nella pagina di Vangelo di oggi. È pronunciata dal vegliardo che rappresenta l’Israele intero nell’attesa della consolazione di Dio, cioè la salvezza promessa un tempo al popolo oppresso. Si tratta di Simeone che incontra Maria e Giuseppe in occasione della presentazione di Gesù al Tempio. Il suo cantico inizia con «Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola». Fin dal quinto secolo è divenuto la preghiera serale della Chiesa. È un saluto festoso all’alba messianica che sta sorgendo. Le promesse stanno per compiersi in pienezza. Quindi, il cantico rivela tutto il suo contenuto di fede e di speranza nel futuro, come lo sono tutte le preghiere del Vangelo dell’infanzia.Questi cantici vanno fatti risuonare come voce divina dentro di noi. Essa, come scriveva sant’Agostino, “Farà sbocciare la luce nella tenebra del dubbio, la salvezza sul deserto del peccato, la gioia nel gelo della tristezza, la speranza nella notte dello sconforto”. Mai come in questi oscuri mesi di pandemia c’è bisogno della voce di Dio in noi per sostenere la speranza e per superare la notte dello sconforto.