Commento al Vangelo domenicale
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La realtà della vita oltre la morte

Matteo 24,37-44

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo. Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata. Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».

A partire da questo numero il commento al Vangelo della domenica sarà curato da don Adelino Campedelli, 78 anni, collaboratore della parrocchia di Dossobuono. La sua lunga esperienza pastorale e la riconosciuta sapienza dentro il presbiterio diocesano ne fanno un collaboratore importante: una voce libera e capace di far riflettere.
Il Vangelo di questa prima domenica di Avvento può, a prima vista, darci l’impressione di presentare un’urgenza angosciante (il diluvio, il ladro che viene nella notte), dai toni minacciosi. Ma una riflessione più profonda ci fa comprendere invece tutta l’importanza da dare a ciò che conta, a ciò che è fondamentale nella nostra vita.
Sarà la risposta alla domanda “A chi spetterà l’ultima parola sulla vita di ogni uomo? Chi pronuncerà la parola definitiva sul mondo?” che illuminerà il nostro presente perché illumina il nostro futuro.
In sostanza la riuscita della vita di una persona sarà valutata solo da ciò che avrà realizzato su questa terra per il tempo della sua vita o dovrà misurarsi sulla prospettiva di ciò che avverrà oltre questa vita?
È evidente la totale differenza di prospettiva se si accetta come dato unico dell’esistenza dell’uomo la vita presente oppure se si considera anche la realtà della vita oltre la morte, per l’eternità.
A pensarci bene tutto cambia, non nel senso che il presente perde significato a favore del futuro, ma perché il presente acquista un’importanza nuova e fondamentale proprio in vista del futuro che ci sta davanti.
È in sostanza lo stile di vita che S. Paolo ci invita ad assumere proprio in vista di quel giorno che si sta avvicinando, che anzi è già iniziato con la vicenda terrena del Signore Gesù, indicandoci sinteticamente la necessità di non perdere la nostra vita negli eccessi alimentari, nei disordini della vita sessuale, nei conflitti causati dalle gelosie e dalla volontà di imporsi sugli altri.
Se l’arrivo di un nuovo giorno spalanca sulla nostra vita una prospettiva di pace (vedi la prima lettura di Isaia), di pienezza di felicità, di gioia non più turbata dai tanti elementi negativi che pesano sulla nostra esistenza e sulla nostra società attuale, come non accogliere come un vero Vangelo l’invito pressante a vegliare, a tenersi pronti, a valutare con sapienza soprannaturale le scelte che interessano quotidianamente la nostra vita?
E notiamo che non stiamo parlando solo di aspetti che interessano unicamente la nostra persona nel suo interesse spirituale individuale ma investono tutta la nostra realtà di cristiani, sia sotto l’aspetto personale ma anche sotto l’aspetto comunitario, come Chiesa.
Non deve sfuggirci il fatto che è il motivo stesso di essere cristiani, di essere Chiesa che viene messo in gioco: “Cristo non ha mani ha soltanto le nostre mani per fare il suo lavoro oggi. Cristo non ha piedi ha soltanto i nostri piedi per guidare gli uomini sui suoi sentieri. Noi siamo l’unica Bibbia che i popoli leggono ancora. Siamo l’ultimo messaggio di Dio scritto in opere e parole”.  
Tutto questo deve far crescere il nostro impegno di vita cristiana, il nostro impegno di fare delle nostre comunità parrocchiali delle vere espressioni della Chiesa del Signore Gesù dove lo stile di vita diventa il messaggio più autentico ed efficace per essere compreso dagli uomini del nostro tempo spesso tentati di abbandonarsi ad un modo di vita cinicamente ripiegato solo sui propri interessi immediati o a forme di “disperazione” distruttiva.
Papa Giovanni XXIII soleva dire che non si rassegnava a dare ascolto ai tanti profeti di sventura che circolavano nel mondo, non per un ingenuo ottimismo ma per una fede e una certezza profonda: il Regno di Dio è già in mezzo a noi e l’ultima parola sulla vita di ogni uomo e dell’universo intero sarà quella del Padre che invierà come giudice di misericordia il suo Figlio morto e risorto per noi: è Lui il nuovo giorno che è già spuntato e il dono dello Spirito Santo che ci ha fatto ci aiuta a non considerare con paura i toni minacciosi, ma ad accoglierli per scuotere le coscienze e richiamare la serietà della vita e l’importanza delle conseguenze delle scelte che vengono fatte.
Vegliate, perché dice Gesù nel libro dell’Apocalisse: “Ecco sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me” (Ap 3,20).

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