Commento al Vangelo domenicale
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Incamminarsi sulla strada che porta al Signore

Nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetràrca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetràrca dell’Iturèa e della Traconìtide, e Lisània tetràrca dell’Abilène, sotto i sommi sacerdoti Anna e Càifa, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccarìa, nel deserto.
Egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, com’è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaìa:
«Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!
Ogni burrone sarà riempito,
ogni monte e ogni colle sarà abbassato;
le vie tortuose diverranno diritte
e quelle impervie, spianate.
Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!».

Incamminarsi sulla strada che porta al Signore

Il Vangelo apre con una inquadratura storica ad ampio raggio, nella quale sono collegati nomi della storia religiosa e pagana. È molto di più di una semplice imitazione della prassi degli storici del tempo, che nell’introduzione dei loro libri citavano i potenti, o una vanità letteraria per incuriosire o darsi credibilità. L’inquadratura rientra precisamente nella prospettiva dell’evangelista Luca: collocare la persona di Gesù nello spazio e nel tempo, per poi approfondirne il significato salvifico. Il quadro dell’evangelista presenta dapprima la suprema autorità profana mondiale, l’imperatore di Roma Tiberio Cesare, rappresentato in Giudea da Ponzio Pilato. In fondo alla lista Anna e Caifa, le più alte autorità religiose della Palestina.
Luca intende sottolineare che il centro della storia non è il potere politico mondiale, non è il potere religioso e politico locale, non sono i pontefici di Gerusalemme o i vassalli di Roma, ma Gesù, la Parola di Dio fatta carne, la cui missione è preparata da Giovanni il Battista, figlio di Zaccaria.
L’evangelista invita a fissare l’attenzione su quell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio (tra il 26 e il 28 dell’era cristiana, secondo i calcoli degli esperti). Egli accompagna quella data con un elenco di personaggi al fine di ricreare la mappa geopolitica della Palestina. Vuole così precisare che Gesù non è una figura inventata, o ancor meno un mito: è, invece, una realtà concreta che penetra nelle vicende dei popoli, che ha legami indiscutibili e forti con le date non solo di Israele, ma con quelle dello stesso Impero Romano.
Precisata la cornice cronologica e politica, il testo offre un ritratto del Battista disegnato sulla base di un famoso brano di Isaia: “Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri”. Il profeta Isaia invitava a preparare una strada rettilinea e pianeggiante, simile a quelle che nell’antichità conducevano ai templi, le cosiddette “vie processionali” da percorrere con altri pellegrini cantando i salmi e nella gioia.
Giovanni inizia la sua missione dal deserto, luogo di silenzio e di meditazione. È lo stesso spazio spirituale dove Mosè ed Elia si sono preparati alla loro attività esercitata in nome di Dio. È il luogo dove l’uomo offre a Dio una particolare disponibilità a parlare al suo cuore, come ricorda il profeta Osea. Nel deserto il figlio di Zaccaria inizia il suo compito carismatico di annunciatore dell’imminente arrivo del Signore. L’invito che il Battista rivolge a tutti è di incamminarsi con un cuore convertito sulla strada maestra che conduce direttamente a Dio.
L’immagine per eccellenza del tempo di Avvento è la strada. Il simbolo della via ci ricorda la “Via” dell’avvento di Cristo, percorsa e illuminata da Lui, ma preparata da noi. La concretezza storica della sua figura sprona i cristiani ad essere lievito e sale nelle vicende liete e tristi della storia, ad edificare nel mondo il regno di giustizia, di verità e di pace che il Signore e Maestro ha inaugurato.
L’Avvento diventa un invito per tutti a tenere i piedi ben piantati per terra, mantenendo uno sguardo fiducioso verso l’avvenire. Ad essere fedeli al posto in cui Dio ci ha collocati senza sogni di evasione, senza scoraggiamenti o rassegnazioni, certi che anche questo tempo è per tutti un tempo di grazia. Un tempo favorevole per incontrare il Salvatore.

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