Commento al Vangelo domenicale
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Il pieno abbandono nell’abbraccio di Dio

Luca 23,26-28.32-34.39-47

Riportiamo alcuni stralci del racconto della Passione secondo Luca
In quel tempo, mentre lo conducevano via, fermarono un certo Simone di Cirene, che tornava dai campi, e gli misero addosso la croce, da portare dietro a Gesù. Lo seguiva una grande moltitudine di popolo e di donne, che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui. Ma Gesù, voltandosi verso di loro, disse: «Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli.
Insieme con lui venivano condotti a morte anche altri due, che erano malfattori. Quando giunsero sul luogo chiamato Cranio, vi crocifissero lui e i malfattori, uno a destra e l’altro a sinistra. Gesù diceva: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno».
Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male».  E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso». Era già verso mezzogiorno e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio, perché il sole si era eclissato. Il velo del tempio si squarciò a metà. Gesù, gridando a gran voce, disse: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito». Detto questo, spirò. Visto ciò che era accaduto, il centurione dava gloria a Dio dicendo: «Veramente quest’uomo era giusto».

Il pieno abbandono nell’abbraccio di Dio

Inizia con la domenica delle Palme la “grande settimana” che, commemorando l’ultima settimana della vita terrena di Gesù, celebra il compimento della nostra salvezza con la sua morte e risurrezione. La Domenica delle Palme presenta l’ingresso di Gesù a Gerusalemme, accompagnato dalla folla osannante che reca in mano rami di palma e di ulivo. Per i Greci antichi la palma era la pianta simbolo della divinità. Per i Romani la palma rappresentava la forza e il coraggio del vincitore. In molte iscrizioni sepolcrali delle catacombe cristiane si trova la palma intrecciata con il monogramma di Cristo, come emblema del coraggio e della vittoria spirituale. E nella cultura antica la palma era sostituita spesso dall’ulivo: la colomba di Noè, simbolo della rinascita della vita e dell’avvento di Cristo, porta nel becco un rametto di ulivo. Noi porteremo nelle nostre case l’ulivo benedetto per ricordare che la Settimana Santa, che celebra i momenti centrali della storia di Gesù, riassume, nei fatti che ricorda, una straordinaria storia di sofferenza e amore, di agonia e gloria.
Questa domenica è guidata nella sua liturgia e nella sua spiritualità dal testo della Passione di Gesù secondo la redazione di Luca. La lettura del racconto è già di per sé stessa un atto di fede e una proposta di vita. Seguendo Gesù nelle sue ultime ore di vita, il cristiano è chiamato ad una adesione personale e vitale, da compiere idealmente in Gerusalemme, la città-meta dell’itinerario terreno e spirituale del Cristo e del discepolo.
Con la sua abilità di storico e letterato, l’evangelista non si limita a presentare in modo obiettivo una vicenda tragica e commovente. Egli è anche il narratore che vuole coinvolgere i lettori. Il suo appassionato racconto fa incamminare i cristiani al seguito di Gesù, li fa protagonisti attivi della passione, come Pietro che si pente o Simone di Cirene che porta la croce dietro a Gesù. Qui si rivela tutta la forza suggestiva e comunicativa di una narrazione che ha educato i credenti alla testimonianza libera e coraggiosa fino al martirio. Come Gesù è il martire fedele al Padre e solidale con gli uomini, così il discepolo lo segue per una sintonia interiore con la sua persona e col suo orientamento profondo.
Luca ci offre un ritratto molto accurato di Simone di Cirene e delle donne. Non sono spettatori o testimoni neutri, ma sono dei modelli della sequela di Gesù anche nell’istante ultimo e decisivo della sua esistenza terrena. Di Simone, Luca nota che “gli misero addosso la croce, da portare dietro a Gesù”. Questa espressione è normalmente usata dall’evangelista per definire l’impegno del discepolo che, seguendo il suo Signore, porta ogni giorno la sua croce anche nel dono totale di sé.
Gesù sulla croce offre al discepolo un sublime esempio da incarnare nella vita: quello del perdono dei peccatori e delle offese ricevute: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno». In questa linea d’amore, di perdono e di donazione sino all’ultimo si colloca anche l’episodio del malfattore pentito a cui Gesù offre il dono della salvezza nel regno. Anche nella sua morte il Cristo diventa il segno di un’altra via da seguire, quella del perfetto abbandono nelle mani di Dio. Gesù esclama: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito» come sintesi, pronunciata con serenità e totale fiducia, di una lunga lezione che su questo tema aveva distribuito nel Vangelo.

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