Commento al Vangelo domenicale
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I migliori antidoti per vincere la paura

Giovanni 14,1-12

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. E del luogo dove io vado, conoscete la via».
Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto».
Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre”? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse. In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre»

Parole chiave: Vangelo della Domenica (289), V Domenica di Pasqua (5)
I migliori antidoti per vincere la paura

Prima o dopo ogni essere umano sperimenta la paura e i suoi effetti indesiderati. Essa consiste in un’emozione involontaria, generata da un pericolo reale o immaginario, oppure evocata da ricordi o prodotta dalla fantasia. La paura coinvolge il corpo: il viso la rende visibile, il battito cardiaco e il respiro ne risultano influenzati. La sensazione di qualcosa che minacci la nostra vita o quella delle persone a noi più care può portare a reazioni incontrollate, per aggredire o allontanare l’oggetto della paura, e così sfuggire ai danni che essa potrebbe provocare. Il momento presente, drammatico e pieno di inquietudini a causa dell’emergenza sanitaria, è abitato da un universo di paure sperimentate da numerosissime persone nelle forme più diverse.
Tante paure del tempo presente sono state già puntualmente descritte nello scrigno della Bibbia: come la paura di essere abbandonato, tradito, sconfitto; o la paura di vivere nell’indigenza o in uno stato di malattia grave o mortale. Basterebbe poco per scrivere, a partire dai racconti biblici in cui emerge quest’emozione, una sorta di vocabolario della paura, in cui poter annotare anche le sue possibili cause e ciò che essa genera.
Gesù non è immune dalla paura. Anzi. La paura lo attanaglia con tutta la sua virulenza proprio nella passione, il momento in cui sperimenta la maggior sofferenza fisica, emotiva e spirituale. La paura lo stringe come in una morsa sulla croce. Lì appeso, teme, anche se solo per un istante, di essere abbandonato da quel Dio in cui aveva sempre riposto la sua fiducia.
Poche ore prima, nel contesto dell’ultima cena, mentre sta annunciando ai suoi apostoli l’imminente partenza, Gesù nota che i loro cuori sono profondamente turbati e tristi. Con loro condivide la paura che accada l’irreparabile. In tutta risposta, nel suo lungo discorso testamentario Gesù accompagna i discepoli a riconoscere i motivi per cui non devono disperare, mantenendo inalterata la fiducia in Lui. Gesù ribadisce agli invitati la convinzione che è un caposaldo della sua predicazione: i suoi amici non saranno mai separati da lui. Aggiunge che Egli tornerà e pertanto non devono temere di restare da soli. Gesù lascia intuire che il ritorno di cui parla non si verificherà alla fine dei tempi, ma prima di ogni loro più rosea previsione.
Nel contesto pieno di paura e di dubbi, manifestati da Filippo e Tommaso, arriva come una meteora l’affermazione, che è anche un punto centrale dell’intero Vangelo: «Io sono la via, la verità e la vita». È un assoluto concentrato della lucidissima coscienza che Gesù aveva di sé stesso e della sua missione. Lui è la strada maestra che il discepolo deve percorrere. Lui è la verità da accogliere, custodire e costruire, ma non alla maniera dei filosofi o degli asceti. Lui è la vita che irradia il mondo e chi lo abita.
I dubbi e le paure manifestate dai discepoli nell’ultima cena non si dissolveranno  in fretta. Anzi. Nelle ore successive ci sarà un aumento esponenziale della presenza delle emozioni, scatenate dal tradimento, dall’abbandono, dalla dispersione. Il registro delle emozioni cambia alquanto già nella pagina successiva all’inattesa risurrezione. La paura in Pietro e negli altri non evapora per sempre, ma è decisamente confinata in un angolo. È debitamente contrastata dalla gioia della risurrezione e dalla certezza della presenza di Gesù tra i suoi amici. Dopo questo evento, le paure si manifestano ancora, come racconta il libro degli Atti degli Apostoli. Ma la gioia del giorno di Pasqua, la bellezza della testimonianza, la fraternità, l’essere “un cuor solo e un’anima sola” saranno i migliori antidoti per vincere la paura e le sue mille manifestazioni.

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