Commento al Vangelo domenicale
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Gesù non è un condottiero ma il principe della pace

Marco 11,1-10

Quando furono vicini a Gerusalemme, verso Bètfage e Betània, presso il monte degli Ulivi, Gesù mandò due dei suoi discepoli e disse loro: «Andate nel villaggio di fronte a voi e subito, entrando in esso, troverete un puledro legato, sul quale nessuno è ancora salito. Slegatelo e portatelo qui. E se qualcuno vi dirà: “Perché fate questo?”, rispondete: “Il Signore ne ha bisogno, ma lo rimanderà qui subito”». Andarono e trovarono un puledro legato vicino a una porta, fuori sulla strada, e lo slegarono. Alcuni dei presenti dissero loro: «Perché slegate questo puledro?». Ed essi risposero loro come aveva detto Gesù. E li lasciarono fare. Portarono il puledro da Gesù, vi gettarono sopra i loro mantelli ed egli vi salì sopra. Molti stendevano i propri mantelli sulla strada, altri invece delle fronde, tagliate nei campi. Quelli che precedevano e quelli che seguivano, gridavano: «Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Benedetto il Regno che viene, del nostro padre Davide! Osanna nel più alto dei cieli!».

Parole chiave: Vangelo (420), Vangelo della domenica (295), Domenica delle Palme (10)
Gesù non è un condottiero ma il principe della pace

Durante la liturgia della Domenica delle Palme vengono letti due testi evangelici: quello relativo all’ingresso di Gesù a Gerusalemme (Mc 11,1-10) e l’intero racconto della passione (Mc 14,1–15,47). Il primo testo viene proclamato prima della processione che intende fare memoria dell’entrata del Nazareno nella Città Santa – ed è quello che sarà oggetto del presente commento –, mentre il secondo viene proposto in forma integrale durante la celebrazione eucaristica.
Il brano dell’ingresso a Gerusalemme si apre con la citazione dei luoghi principali in cui si sta per compiere il tempo finale della vicenda terrena di Gesù. È piuttosto insolito per lo stile dell’evangelista Marco fornire tante indicazioni geografiche, peraltro riportate senza seguire l’ordine corretto per una persona che giunge da Gerico, ma si tratta di luoghi importanti durante gli ultimi giorni del Maestro. Gerusalemme è il sito dove da ora in poi si svolgerà tutta la narrazione, Betfage con il suo nome rimanda alla figura della pianta di fico che assumerà grande rilevanza nelle narrazioni successive (Mc 11,12-14.20-21), Betania è il luogo in cui Gesù viene accolto e dove si svolge il gesto simbolico della sua unzione antecedente la morte, il Monte degli Ulivi fa da cornice all’ultimo insegnamento del Nazareno e al suo affidamento alla volontà del Padre.  
A seguito della contestualizzazione geografica l’evangelista, che ha abituato il lettore ad uno stile scarno ed essenziale, si dilunga per circa sei versetti nella descrizione dei preparativi all’ingresso in città. Diverse sono le affinità che si riscontrano tra questa scena e quella dei preparativi che precedono l’ultima cena. In entrambe Gesù prende in prestito un asinello e fa emergere la sua conoscenza pregressa di quanto accadrà: l’autore desidera, così, mostrare la consapevolezza del Nazareno rispetto alla strada che ha intrapreso.
Il puledro d’asino di cui si narra svolge un ruolo decisamente significativo: per la prima volta, infatti, viene riportato l’utilizzo di un animale per spostarsi da parte di Gesù. La citazione del puledro su cui siederà Gesù richiama la profezia di Zaccaria: “Esulta grandemente, figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme! Ecco, a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino, un puledro figlio d’asina” (Zc 9,9). Anche l’insistenza con cui viene detto di slegare l’animale riecheggia il Primo Testamento e la benedizione di Giacobbe mentre annuncia ai suoi figli che il capo proveniente da Giuda attaccherà alla vigna il suo asinello (cfr. Gen 49,10-11). Qui l’atto di slegare avrebbe lo scopo di capovolgere l’immagine delineata dalle parole del patriarca suggerendo un allontanamento da parte della Giudea da quanto annunciato da Giacobbe. Tali richiami lasciano intendere che quanto sta accadendo è qualcosa di insolitamente nuovo e inedito: l’ingresso di Gesù a Gerusalemme è il preludio al compimento del suo ministero pubblico.
Il Maestro, in seguito, viene descritto mentre invia due suoi discepoli a prendere l’asino in prestito. Ci si può chiedere: ma che Signore può essere colui che non possiede nemmeno un animale da cavalcare e che ha bisogno di chiedere aiuto per recuperarne uno? Se il fatto che il Maestro entri in città cavalcando un animale può ricordare l’arrivo di un re, molti sono i dettagli che rivelano che la sua è una regalità altra, diversa, costituita sulla mitezza e non sulla violenza, che Egli non è un condottiero di guerra bensì un principe della pace.
Una volta che l’asino viene condotto da Gesù inizia il corteo alla volta di Gerusalemme. Sembra un incedere festoso: alcuni stendono i mantelli lungo la strada, mentre altri gettano a terra i rami degli alberi appena tagliati; alcuni precedono il Nazareno e altri lo seguono indicando, così, anche le aspettative e la comprensione che hanno nei suoi confronti; alcuni acclamano benedicendo colui che viene nel nome del Signore, altri benedicono il regno del padre David. Le lodi che escono dalle bocche della folla presente sono generate dal loro associare la venuta di Gesù a quella del regno di Davide: il Nazareno è riconosciuto come re e Messia. Pensando alle grida di giubilo, al caos gioioso che accompagna l’incedere lento dell’asino verrebbe spontaneo attendersi grandi descrizioni rispetto a colui che sta arrivando. Al contrario, l’evangelista Marco non dice nulla di Gesù in tale contesto: non una parola su come reagisce alle esclamazioni festose, non una parola su cosa fa e cosa dice dinnanzi a quanti lo acclamano.
Chissà che cosa avrà pensato e come si sarà sentito in quel momento. Quello che è certo è che nel momento successivo in cui Gesù è menzionato si trova nel tempio, della folla non c’è più traccia e sta per giungere la sera. Il contesto è decisamente cambiato, e muterà ancora di più quando la gente si accorgerà che il Maestro non è il Messia forte, l’uomo di potere chiamato a restaurare il regno del re Davide che tanti attendevano, bensì un Messia docile, portatore di pace perché è colui che annuncia e inaugura il regno di Dio. Così gli stessi che hanno innalzato i loro “osanna” si tramuteranno in quelli che grideranno con vigore “crocifiggilo!”.

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