Commento al Vangelo domenicale
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Attesa, la parola chiave

Matteo 24,37-44
1ª domenica di Avvento (anno A)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo. Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata. Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».

Con la conclusione del ciclo triennale dei Vangeli domenicali è terminato il servizio di commento offertoci da don Adelino Campedelli, al quale vanno la stima e la riconoscenza per averci aiutati ad entrare nel cuore del messaggio cristiano della salvezza con le sue doti umane e spirituali. Ora questo spazio viene servito da don Maurizio Viviani, parroco di San Fermo Maggiore e direttore del Museo diocesano, che ringraziamo per aver accolto la proposta di collaborazione con Verona Fedele. Siamo certi che i nostri lettori sapranno aprrezzare le sue qualità di chiarezza espositiva e di sintesi pastorale.
 
Inizia un nuovo Anno liturgico. È un tempo nuovo che, nella visione della fede cristiana, permette di rivisitare, approfondire e attualizzare l’intera storia della salvezza. La sua prima porzione è l’Avvento, il tempo di immediata preparazione alla celebrazione del Natale. Se fino a qualche decennio fa era la Chiesa a risvegliare l’attesa del Natale già nella prima domenica di Avvento, oggi le luminarie, i mercatini e la pubblicità dei piatti tipici natalizi risvegliano l’attesa già a metà novembre. O anche prima.
Nel frullatore dei martellanti messaggi pubblicitari vi è una parola-chiave che ricorre frequentemente nel vocabolario della vita e pure nella liturgia dell’Avvento: l’attesa. Ed essa è collegata a una serie di altre parole che, nel loro insieme, costituiscono il vocabolario dell’Avvento: vigilanza, speranza, discernimento, preghiera, solidarietà, sogno, visione, e altro ancora. Ciascuna parola dice qualcosa dell’Avvento – tempo di attesa per eccellenza – che si può plasticamente raffigurare come l’arco temporale che collega le due venute di Gesù. La “prima venuta”, storicamente datata, viene celebrata solennemente nel Natale, che è il punto focale dell’Avvento. La “seconda venuta” che si avvererà alla fine dei tempi. Di questa non conosciamo i contorni cronologici, ma il contenuto teologico è chiaro: la piena manifestazione della Gloria di Dio avverrà con il compimento della storia.
È una visione prospettica sublime, che permette di vivere con una disposizione interiore meno preoccupata delle angustie dell’esperienza umana e più interessata ad accogliere il disegno divino della salvezza che certamente si compirà, anche se nessuno sa quando, perché sta nelle mani del Padre, e perfino il Figlio ne è all’oscuro. Più che fare pronostici sull’assoluta imprevedibilità del giorno della fine del mondo, l’attenzione va spostata sulla vigile attesa dell’incontro con il Signore, senza assopirsi nell’indifferenza e nel disinteresse.
Nel Vangelo Gesù ricorda il remotissimo e tragico esempio dei contemporanei di Noè, sottolineando la loro copiosa dose di superficialità: vivendo senza la minima avvertenza di quanto stava accadendo, sono rimasti travolti dagli eventi. A seguire, Gesù con una parabola di grande attualità nel nostro immaginario comune – parla di ladri che nottetempo entrano furtivamente in casa per svaligiarla – ricorda che l’incertezza del pericolo deve suggerire di stare all’erta per essere desti quanto il Signore si manifesterà.
La bella notizia di un Dio che ci vorrà per sempre accanto nel giorno che Lui stabilirà, si accompagna con l’altra lieta notizia, che si celebra nel Natale: Dio ha deciso di non starsene tranquillo nei suoi cieli eterni, ma si è fatto vicino, scendendo di persona venti secoli fa nel bel mezzo di un mondo confuso e disorientato, pieno di contraddizioni e di fatiche, ma anche pieno di slanci, di buoni progetti e di grandi sogni. Un mondo per questi, e altri aspetti, assai vicino al nostro.
L’attesa di celebrare a breve quell’avvenimento decisivo, conduce a prendere coscienza dell’evento straordinario dell’Incarnazione, un evento impastato di inattesa gratuità, che viene donato a tutti. A prescindere dai possibili meriti di cui ciascuno potrebbe vantarsi.

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