Cinema
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Un giallo che tiene incollati alla sedia

La ragazza del treno  
(Usa, 2016)
regia: Tate Taylor
con: Emily Blunt, Haley Bennet, Rebecca Ferguson, Justin Theroux
durata: 112’
Valutazione Cnvf: complesso/problematico

Parole chiave: La ragazza del treno (1)
Un giallo che tiene incollati alla sedia

C’è un problema principale, di questi tempi, per chiunque si accinga a scrivere una storia o a dirigere un film che un tempo si sarebbero detti del genere “giallo”. Tale e tanta è la produzione nel settore, sia quello editoriale che quello cinematografico, tanto più se si considerassero le innumerevoli serie televisive che ormai sono in media di qualità molto apprezzabile, che è difficile essere originali e sorprendere il pubblico.
Ci è riuscita lo scorso anno Paula Hawkins, scrittrice inglese, che ha venduto milioni di copie con The Girl on the Train, riprendendo uno schema narrativo che da parecchio tempo non si vedeva riproposto: quello del whodunit, cioè del racconto in cui si deve scoprire chi è il colpevole del delitto. Schema notissimo alle origini del giallo ma che, soprattutto dopo l’irruzione nel genere di autori americani come Dashiell Hammett o Raymond Chandler, è stato relegato in secondo o terzo piano dalle più moderne (e spesso più convincenti) incursioni nel noir.
La sceneggiatrice Erin Cressida Wilson ha molto opportunamente deciso di lasciare anche nello script cinematografico la struttura tripartita del monologo interiore imbastita da Hawkins nel suo racconto. Sono infatti tre donne a raccontare la vicenda. La protagonista, Rachel (Emily Blunt), divorziata in crisi nerissima che si è data all’alcol e non avendo avuto il coraggio di dire alla sua coinquilina che ha perso il lavoro, continua a prendere tutti i giorni il suo solito treno regionale. La nuova moglie del suo ex-marito, Anna (Rebecca Ferguson), che diffida fino al timore di Rachel, soprattutto per proteggere la figlia avuta dall’uomo. La bella e tormentata Megan (Haley Bennett), che per un periodo ha lavorato come baby sitter per Anna.
Là dove nel romanzo erano Londra e la sua periferia a far da sfondo alla vicenda, l’edizione cinematografica la sposta a New York e dintorni, con efficace scelta scenografica.
Il whodunit non era certo la soluzione narrativa preferita da un grande come Alfred Hitchcock, che la utilizzò molto raramente. Eppure questa storia dove i personaggi femminili sono di gran lunga più importanti di quelli maschili, sarebbe piaciuta molto al regista inglese.
Il film di Tate Taylor è naturalmente lontano dalla qualità eccelsa del magistero hitchcockiano, ma soprattutto grazie alle interpreti (tra le quali spicca con una prova strepitosa Emily Blunt), ne risulta un’opera convincente, che tiene il ritmo e incolla lo spettatore alla sedia fino alla soluzione dell’enigma.

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