Cinema
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Realismo dolorosamente coinvolgente

Sorry We Missed You
(Gran Bretagna, 2019)
Regia: Ken Loach
Con: Kris Hitchen, Debbie Honeywood, Rhys Stone, Katie Proctor
Durata: 101 minuti
Valutazione Cnvf: Raccomandabile/problematico/dibattiti

Parole chiave: Sorry We Missed You (1), Film (101), Cinema (99)
Realismo dolorosamente coinvolgente

Sorry, we missed you è la frase che si trova nelle notifiche di mancata consegna dei corrieri che lavorano come il protagonista di un film doloroso ma imprescindibile.
C’è nei nostri tempi una tragedia silenziosa, invisibile, quasi mai in primo piano nelle cronache, che tormenta il nuovo (nuovo?) millennio e della quale non sappiamo, per distrazione o ignavia, quasi nulla.
Ce ne parlano – con la consueta attenzione e profondità – il regista Ken Loach e lo sceneggiatore Paul Laverty, in un film tanto doloroso quanto imprescindibile per chiunque avesse velleità di intervento sociale e politico.
Ricky Turner (Kris Hitchen) abita a Newcastle con la moglie Abbie (Debbie Honeywood) e i figli “Seb” (Ryhs Stone) e Liza Jane (Katie Proctor). Una normalissima famiglia inglese degli anni Duemila. Avevano in progetto, già avviato e quasi in fase operativa, di acquistare una casa, ma la crisi dei mutui l’ha fatto naufragare, costringendoli a stare in affitto.
Abbie lavora come assistente domiciliare di anziani e disabili: trasporti a carico suo, ore di trasferimento da un paziente (“cliente”, come debbono essere chiamati) all’altro non considerate nel computo del salario.
“Seb” ha sedici anni. Salta spesso la scuola, per andare a dipingere graffiti sui muri coi suoi compagni di avventura.
Liza Jane ha undici anni ed è la testimone partecipe e appassionata dei problemi che si stanno vivendo in famiglia.
Ricky ha fatto mille lavori. Stava nell’edilizia, settore massacrato dalla crisi economica. Dopo molti tentativi, trova lavoro in una ditta di trasporti.
Il colloquio di “assunzione” – scritto e recitato in modo impeccabile – dovrebbe essere preso e proposto in qualsiasi corso di formazione sindacale, così da rendere edotti rappresentanti, rappresentati e soprattutto ragazze e ragazzi che si affacciano al mirabolante mondo del lavoro di quale sia lo stato delle cose. «Noi non ti assumiamo – dice il capoccia a Ricky –. Sei tu che ci offri la tua collaborazione. Non lavori per noi. Lavori con noi». Risultato pratico: Ricky deve avere un suo furgoncino a disposizione.
Tempi di carico, percorrenza e consegna delle merci sono monitorati da una implacabile “pistola”, uno scanner che suona dopo due minuti se l’operatore si è allontanato dal furgone.
Laverty e Loach sono ben di più e ben altro che meri osservatori di fenomeni sociopolitici. La narrazione e la drammaturgia che mettono in campo nei loro lavori non dimenticano né l’approfondimento dei caratteri psicologici, né la struttura di racconto che deve interessare, appassionare, coinvolgere lo spettatore.

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