Spiato in tv
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Un reality, falso, sul mondo del lavoro

Con Boss in incognito, Rai Due entra con un reality in un ambiente finora inesplorato da questo genere di format, ossia il mondo del lavoro. Un dirigente d’azienda, infatti, accetta, sotto mentite spoglie, di sperimentare l’attività dei suoi operai ai livelli più bassi per capire così il funzionamento dell’azienda di cui è a capo. Solo alla fine, naturalmente, con un colpo di teatro svelerà la sua identità a chi, ignaro di chi fosse realmente, ha fatto da tutor al proprio datore di lavoro...

Boss in incognito

Con Boss in incognito, Rai Due entra con un reality in un ambiente finora inesplorato da questo genere di format, ossia il mondo del lavoro. Un dirigente d’azienda, infatti, accetta, sotto mentite spoglie, di sperimentare l’attività dei suoi operai ai livelli più bassi per capire così il funzionamento dell’azienda di cui è a capo. Solo alla fine, naturalmente, con un colpo di teatro svelerà la sua identità a chi, ignaro di chi fosse realmente, ha fatto da tutor al proprio datore di lavoro. In questo meccanismo sempre assolutamente identico a far la differenza sono gli operai che non solo insegnano un mestiere al finto apprendista, ma ben più raccontano al loro nuovo compagno di lavoro storie di vita personale e familiare di grande impatto emotivo. Proprio l’ascolto di queste situazioni difficili smuove il cuore e il portafoglio del dirigente a concedere mance e gratificazioni aziendali.
Questo format inglese, giunto in Italia alla seconda edizione, vede un continuo aumento di share, ora arrivato a superare il 9%. A interessare è l’aspetto privato di questi semplici lavoratori che, non senza accurata scelta, sono stati preferiti ad altri non solo per le loro abilità professionali ma anche per l’indubbia possibilità di conseguire così un beneficio per la propria vita. Il boss nella sua missione riconosce anche i punti critici dell’organizzazione imprenditoriale come le eventuali negligenze dei suoi sottoposti, ma a prevalere è sempre la comprensione che stimola a superare le inadempienze.
Le immagini che arrivano in tv sono naturalmente solo un’accurata selezione di un’intera settimana pensata ad uso esclusivo delle telecamere. Guardando in faccia i protagonisti di queste vicende non si coglie per nulla spontaneità di azione e di parola, quanto una grande consapevolezza di essere ripresi e di voler necessariamente fare bella figura. Lo stile narrativo è dunque più quello della fiaba del ricco dal cuore buono che non quello della realtà colta in presa diretta. Il conduttore Costantino della Gherardesca è, infatti, un noto opinionista dei salotti televisivi, avvezzo più al racconto della mondanità che non al duro impatto con la cronaca quotidiana. Nello stesso ruolo di presentatore di Pechino Express è più interessato a evidenziare le situazioni frivole dei concorrenti che non ad accostare popoli e culture diverse. Meglio sarebbe se il boss girasse tra i suoi operai senza dover per forza restare in incognito. Allora davvero il programma, per quanto già avvincente, sarebbe effettivamente un reality e non soltanto una buona commedia televisiva.

Un reality, falso, sul mondo del lavoro
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