Riscoprire il Padre nostro
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Gesù insegna a chiamarlo “Papà”

Tutte le grandi religioni riconoscono Dio creatore. A rifletterci bene, però, tra la creatura e Dio creatore c’è un abisso. Di fronte all’immenso, all’onnipotente, all’onnisciente, all’eterno c’è di che rimanere impauriti, tramortiti. Non resta che cadere in ginocchio, prostrarsi nella polvere davanti alla sua maestà infinita, assai più che davanti ad un imperatore.

Parole chiave: Mons. Giuseppe Zenti (310), Vescovo di Verona (245)

Tutte le grandi religioni riconoscono Dio creatore. A rifletterci bene, però, tra la creatura e Dio creatore c’è un abisso. Di fronte all’immenso, all’onnipotente, all’onnisciente, all’eterno c’è di che rimanere impauriti, tramortiti. Non resta che cadere in ginocchio, prostrarsi nella polvere davanti alla sua maestà infinita, assai più che davanti ad un imperatore.

Padre
Gesù invece autorizza a chiamarlo Padre, anzi, “Papà”. A dargli del tu. Ad entrare con Lui in un dialogo confidenziale carico di reciproca tenerezza, unita a rispetto, affetto, riconoscenza. Dà le vertigini! Dio è mio Papà! Ma allora non ho bisogno di prenotare l’appuntamento con Lui, di mettermi in fila, di fare anticamera. Nemmeno ho bisogno di mediatori se non di Gesù, nel quale mi è dato di essergli figlio adottivo. Tutti gli altri, santi compresi, sono miei accompagnatori al Padre, più che intercessori. Chi rende possibile questa vicinanza audace con Dio Padre? Chi è il mio vero intercessore? Lo Spirito Santo, sempre impegnato con noi, in noi, a tenerci in collegamento filiale con Dio, “intercedendo per noi con gemiti inesprimibili” (Rm 8,26). Ecco, in proposito, due testi biblici sorprendenti: “E che voi siete figli lo prova il fatto che Dio mandò nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio, che grida: «Abbà, Papà!» (Gal 4,5-6); “avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: Abbà, Papà! Lo Spirito stesso insieme al nostro spirito attesta che siamo figli di Dio” (Rm 8,15-16).
Grazie allo Spirito che prega in noi, anche noi possiamo sperimentare la gioia di Gesù nell’invocare Dio come Padre: “Gesù esultò di gioia nello Spirito Santo e disse: «Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra»” (Lc 10,21); ma anche essere partecipi della sua sofferenza, unendovi le nostre: “Padre, è giunta l’Ora... Padre, passi da me questo calice... Nelle tue mani, Padre, consegno il mio spirito” (Gv 1,1; Mt 26,39; Lc 23,45). Nella gioia lo ringraziamo. Nella prova lo supplichiamo e ci affidiamo a Lui, che di noi sa prendersi cura, da Padre provvidente. Di che cosa dobbiamo aver paura?
Chi è il Padre per Gesù? È il tutto. Il Padre è il principio del suo essere. Da Lui è generato; da Lui è amato; da Lui è inviato nel mondo per la sua salvezza. Suo cibo è fare la volontà del Padre. La sua Parola è quella del Padre. Non fa nulla senza essere in perfetta sintonia con il Padre, nel quale manifesta fiducia assoluta, a occhi chiusi. Di conseguenza, in Gesù è assente ogni forma di autoreferenzialità. Lui e il Padre sono una cosa sola. E Gesù è il volto misericordioso del Padre. In Gesù, Verbo incarnato, Dio è anche nostro Padre. Anche noi figli di un tal Padre, di un tal Papà! In quel grido: «Papà!» percepisco tutta la mia grandezza, non dovuta a me, ma solo a Lui, alla sua divina benevolenza. Questa è la novità assoluta specifica e unica del cristianesimo. Chi è allora per noi il Padre, uniti a Gesù, nell’abbraccio dello Spirito Santo? Non ci resta che chiedergli la grazia di vivere da figli nel Figlio, in conformità alla mappa del Padre nostro.

Nostro
 
Gesù distingue tra Padre suo, personale, da cui è generato, e Padre nostro, benché sia Lui il tramite: “Io sono la via. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me” (Gv 14,6). La comune figliolanza divina ci rende fratelli. Tutte le invocazioni e richieste contenute nel Padre nostro sono alla prima persona plurale, mai al singolare. È una preghiera per natura comunitaria. E anche quando la recitiamo personalmente, di fatto ci facciamo voce ed eco dell’umanità intera, a partire dai fratelli nella fede. È una preghiera impregnata di senso della fraternità universale, in conformità alla nuova enciclica di papa Francesco Fratelli tutti. Del resto, il Padre ci ascolta se ci trova concordi, solidali tra di noi e disponibili al perdono. In effetti, se è Padre di ognuno e Lui ci considera tutti suoi figli, ne consegue che, proprio nell’entrare in dialogo filiale con Lui mediante la preghiera del Padre nostro, intendiamo riconoscerci fratelli, allo stesso modo con cui riconosciamo Lui come Padre.  

Che sei nei cieli
Questa espressione, di natura semitica, non ha valore spaziale e fisico, ma metafisico. In altre parole, sta ad indicare che Dio Padre, assieme al Figlio e allo Spirito Santo, trascende la materia da Lui creata. Lui è il Trascendente! Proprio in quanto creatore. E noi, esseri infinitesimali, da Lui voluti nell’esistenza e non figli del caso, abbiamo l’ardire di chiamarlo “Papà!”. Se ne fa portavoce la liturgia eucaristica, quando, prima della recita del Padre nostro, ci ammonisce: “Insieme osiamo dire!...”.

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