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Nell’antico monastero si insinua il chiacchiericcio

Alida Airaghi
Il velo
Tau editrice
Todi (PG) 2022
Pagg. 92 - 12 euro

Parole chiave: Il velo (1), Alida Airaghi (2)
Nell’antico monastero si insinua il chiacchiericcio

"Se taci, taci per amore; se parli, parla per amore”, scriveva sant’Agostino. Un piccolo, splendido consiglio difficilissimo da applicare, almeno per noi comuni mortali. Sappiamo bene che talvolta la lingua è più tagliente di una lama. Lo dice anche papa Francesco: “Le parole possono essere baci, carezze, farmaci oppure coltelli, spade o proiettili. Con la parola possiamo bene-dire o maledire, le parole possono essere muri chiusi o finestre aperte” (prefazione al libro di Emiliano Antenucci, Non sparlare degli altri!).

Bene: e se a dire, o a non dire – perché anche certi silenzi sono macigni, per non parlare di certi sguardi – sono delle religiose? Apriti cielo! Occorre fare questa premessa, introducendo l’ultimo libro della veronese Alida Airaghi, che ha l’ardire di indagare, sotto forma di diario, questo argomento delicato.

Sul cammino di santità a cui è chiamato ogni cristiano si possono trovare degli inciampi, che spesso partono dall’interno di sé stessi: capita a chiunque sia umano, quindi anche a chi indossa una tonaca, sebbene per molti di noi sia strano concepirlo.

Il velo è un racconto scorrevole e intimistico, ambientato in un convento benedettino. Al centro della narrazione ci sono tre suore anziane: suor Adele, suor Giuditta e suor Maria, con la loro fede, il rispetto delle regole, le abitudini consolidate dentro il vecchio enorme monastero, ormai disabitato. C’è il bene ma c’è pure il male, che si insinua nel quotidiano e mina la convivenza tra le consorelle, scatenando paure, tensioni e gelosie. Ad accendere la miccia di disillusioni e incertezze è l’arrivo di una giovane postulante indiana, Danila, che mette in crisi soprattutto la superiora suor Adele, voce narrante del romanzo. Ma gli elementi di turbamento, nonostante il voto di amore totale per un Dio che si è fatto carne, erano già sullo sfondo.

In poche pagine – precedute dalla prefazione di Massimo Diana – l’autrice tratteggia con levità dei drammi interiori non da poco, dalla solitudine alla crisi delle vocazioni in una società secolarizzata, dal peso delle privazioni al senso ultimo della preghiera.

Senza svelare nulla, si può dire che dentro a questo libriccino c’è tanta umanità, con i suoi pregi e i suoi difetti, persino quando il capo è coperto da un velo. Ci sono personaggi che risultano simpatici a pelle, come la vecchia suor Giuditta; altri che hanno comportamenti detestabili, come la sempre accusatoria suor Maria. Ogni lettore si farà la sua idea, leggendo d’un fiato questo diario e provando un misto di sentimenti ondivaghi per le tre suore. Donne di fede, terrene come noi.  

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