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Il giustizialismo fa male al Paese, alla giustizia e alla politica

Luigi Manconi - Federica Graziani
Per il tuo bene ti mozzerò la testa
Contro il giustizialismo morale
Einaudi – Torino 2020
pp. 258 – Euro 17,50

Il giustizialismo fa male al Paese, alla giustizia e alla politica

“Beati gli affamati di giustizia perché saranno giustiziati”. Era il 1985 quando il critico letterario piacentino Piergiorgio Bellocchio trasformava la beatitudine evangelica del Discorso della Montagna di Gesù enunciata dall’apostolo Matteo («Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati») in quello che Luigi Manconi, ex senatore del Pd, e Federica Graziani, giornalista e studiosa di filosofia e letteratura, nel loro libro Per il tuo bene ti mozzerò la testa. Contro il giustizialismo morale, hanno definito “un sublime aforisma”.
Gli autori  ripercorrono gli ultimi anni di storia di questo Paese che, soprattutto a partire da Tangentopoli, si è sempre più avvicinato ad un modello di legge ed ordine  traducibile in slogan come «deve marcire in galera» oppure «buttarlo in carcere e buttare via la chiave».
Si tratta di slogan che rappresentano una Nazione dove l’emotività e la paura hanno preso il sopravvento sull’analisi dei fatti e l’angoscia collettiva reclama pene sempre più severe nonostante i crimini siano in calo (nei primi anni Novanta si registravano cinque omicidi quotidiani, scesi ad uno nel 2019). I dati che smentiscono il paradigma della insicurezza sono spiegati attraverso la verità dei numeri: non solo in Italia le pene detentive sono più lunghe rispetto alla media europea, ma le persone recluse a vario titolo che, uscite dal carcere, commettono un nuovo reato, sono lo 0,63%.
Figura paradigmatica di questo modo di pensare ad una sostanziale impunità dei criminali in Italia è, per i due autori, Marco Travaglio. Il direttore de il Fatto Quotidiano incarna quella sorta di ideologia per cui la società è dominata dalla corruzione e dal malaffare. Le sole virtù apprezzate si basano sulla forza morale e sulla repressione del crimine e le vicende del mondo vengono osservate dall’alto di una fortezza di virtù e di intransigenza che perde il contatto con la realtà, descritta comunque sempre a tinte fosche.
Le ultime quattordici pagine del libro sono dedicate ad un’appendice intitolata “Il virus come forma di governo”. Partendo dalla considerazione che la società italiana registra una carenza di lavoro, Manconi e Graziani ritengono che la pandemia abbia avuto un effetto dirompente soprattutto sulle giovani generazioni: quando l’intera società viene intaccata nelle sue insicurezze, i più vulnerabili risultano ancora meno protetti. Tra costoro anche i runners, criminalizzati perché qualcuno di loro scoperto a lavorare senza mascherina. E la solidarietà umana generata non appena si è fatto ricorso al lockdown è stata quasi del tutta abbandonata per tornare ai toni ed agli atteggiamenti precedenti la comparsa del Covid-19, confondendo “la politica con la morale, la morale con la giustizia, la giustizia con la politica”.

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