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Alle radici della violenza umana

Stefano Baratta
L’immaginario della violenza.
Sogni, ragioni, terapia
Moretti & Vitali, 2015
pgg. 214 - 16 euro

Alle radici della violenza umana

La violenza è un comportamento irrazionale? Lo stupro e l’incesto, il matricidio e il parricidio, pur riconosciuti da tutti come atti inammissibili e ingiustificabili, sono comportamenti irrazionali, indecifrabili o si possono anche capire, comprendere e spiegare? Possono quindi avere un loro “senso”, una loro “ragione”?
Da questi quesiti, che la cronaca recente pone purtroppo sempre più frequentemente a ciascuno, prende il via il nuovo libro dello psichiatra veronese e psicoterapeuta junghiano Stefano Baratta, L’immaginario della violenza. Sogni, ragioni, terapia, che va ad aggiungersi ai numerosi volumi dell’autore, tra cui Scopri chi sei, tradotto in lingua francese, I nomi propri dell’ombra, In nome della Grande Madre.
Punto di partenza di questo viaggio nella psicologia del profondo sono i sogni, interpretati seguendo il metodo delle amplificazioni dei simboli in essi contenuti, indispensabili per fare una diagnosi, formulare una prognosi, controllare una terapia e aiutare chi chiede aiuto a trovare la strada che porta al proprio principium individuationis, alla scoperta del sé.
Grazie a storie esemplari di alcuni pazienti, raccontate con un taglio divulgativo utile per la comprensione dei concetti anche ai non addetti ai lavori, Baratta affronta l’argomento spaziando in vari ambiti e toccando più discipline: dal mito alla storia, dalle arti visive alla musica, dalle civiltà classiche a quelle più remote e meno conosciute, dalla filosofia all’alchimia, in una fitta rete di mutui riferimenti simbolici e di reciproche contaminazioni, che accomunano popoli vissuti in epoche diverse ed in aree fra loro lontane. Nel processo di individuazione personale, necessario, ancorché doloroso, è guardarsi dentro, inoltrarsi nella profondità dell’inconscio, confrontarsi con l’Ombra individuale e collettiva, integrarla nella coscienza: solo seguendo questo percorso di morte e rinascita, è possibile rimarginare le ferite di chi commette o subisce violenza, superare paure e sensi di colpa, colmare vuoti e mancanze, conciliare polarità e raggiungere l’armonia, l’equilibrio degli opposti. Ne consegue che alla violenza, specie di genere, c’è rimedio e che il raptus, diversamente da quanto comunemente si dice forse per tranquillizzare le coscienze e per non assumersi responsabilità, non esiste: tragici epiloghi si possono prevedere e, in presenza di un radicato disagio psichico, niente è improvviso né non premeditato.
Nelle terapie bisogna anzitutto porre maggior attenzione all’archetipo della coppia, inteso come una nuova entità a sé stante e non come il semplice accostamento di due figure, la materna e la paterna, e, nel processo trasformativo, fondamentale è l’incontro con il sacro, un sacro/laico che l’autore non riferisce ad alcuna religione, ma che risponde semmai ad un autentico bisogno di religiosità e trascendenza: “L’incontro con il sacro dà a chi lo vive una prospettiva diversa da quella della vita quotidiana, offrendogli una nuova concezione del mondo”.

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