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A sedici anni nell’orrore di un lager

Paola Dalli Cani
Come passeri sperduti.
Ennio Trivellin, un sedicenne al lager
Cierre Edizioni, 2016
pagg. 128 - 11,50 euro

Parole chiave: Come passeri sperduti (1)
A sedici anni nell’orrore di un lager

“Ci eravamo accorti che i tedeschi stavano riattivando i fornelli da mina per distruggere i ponti di Verona. Non potevamo stare a guardare e quella spinta a reagire che sentivamo dentro si trasformò in coraggio”. Fu per questo motivo che Ennio Trivellin, veronese, 16 anni nel 1944, diventò una staffetta partigiana. Una scelta coraggiosa che lo portò a vivere una drammatica storia, raccontata dalla giornalista Paola Dalli Cani nel libro Come passeri sperduti - Ennio Trivellin, un sedicenne al lager.
Dopo essersi uniti ai partigiani della Brigata Montanari, Ennio e alcuni suoi compagni di scuola furono impegnati nella raccolta delle armi. All’insaputa della famiglia Ennio ne nascose parecchie nel soffitto della sua casa; un infiltrato però fece la spia e così il 2 ottobre del 1944 le SS, dopo una perquisizione, le trovarono. Ennio fu arrestato assieme a suo padre: entrambi finirono nelle prigioni del Forte San Leonardo, poi nel campo di transito di Bolzano. Il viaggio di Ennio continuò ancora, fino al campo di concentramento di Mauthausen.
Là, la prima cosa che vide furono i “carretti stracolmi di cadaveri completamente nudi: decine e decine di cadaveri accatastati su carretti spinti a mano da alcuni prigionieri. Credetti di essere finito in un manicomio. Sembrava tutto surreale, folle”. Nei giorni successivi Ennio fu spedito in cucina a sbucciare le rape da foraggio, il cibo per cavalli che nel campo veniva dato ai prigionieri, poi fu adibito al trasporto delle pietre nella cava di granito. Infine, il 13 dicembre venne spostato nel sottocampo Gusen I, e qui venne utilizzato per inchiodare le fusoliere degli aerei.
Il freddo e la fame procuravano immense sofferenze, che piano piano portavano ad alienazione e indifferenza, “arrivavi a non capire più niente, ad essere indifferente: io stesso ho assistito ad alcune esecuzioni ma l’ho fatto in maniera distaccata, distante, senza coinvolgimento”. Dopo mesi di patimenti, il 5 maggio del 1945 arrivarono i soldati americani a liberare il campo; Ennio, stremato dalla fame, riuscì a salire su un camion e il 29 giugno raggiunse la sua famiglia a Verona. Una volta tornato a casa, scelse il silenzio e cercò di dimenticare tutto l’orrore che aveva vissuto a Mauthausen. Poi arrivò il 5 maggio del 1995, giorno del 50° anniversario della liberazione del campo. Ennio sentì dentro di sé il desiderio di ritornare in quel luogo di “passeri sperduti”, di affrontare l’incubo e fare i conti col suo passato. Si trasformò, quindi, da vittima che cercava di dimenticare a testimone di quella drammatica esperienza, e la testimonianza diventò la sua ragione di vita. Tanto da ricevere nel 2013 la medaglia d’onore dal Presidente della Repubblica e diventare, pochi mesi fa, presidente della sezione Aned di Verona – Associazione nazionale ex deportati.

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A sedici anni nell’orrore di un lager
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