L'anno santo con Dante
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Lasciate ogni speranza voi ch’entrate

Dante con Virgilio si trova davanti alla porta, attraverso la quale si accede all’Inferno, il luogo di sofferenza per la gente che si è perduta...

Lasciate ogni speranza voi ch’entrate

Dante con Virgilio si trova davanti alla porta, attraverso la quale si accede all’Inferno, il luogo di sofferenza per la gente che si è perduta. Su di essa sono incise parole che lasciano Dante sconcertato: “Il senso lor m’è duro”.
Dante, da poeta teologo, precisa il senso dell’Inferno. Esso è opera della Trinità, del Padre come Creatore, del Figlio come Sapienza, dello Spirito come Amore. La qual cosa, tuttavia, gli pare un enigma, se non un assurdo. Ma Dio non è forse Amore? Di certo. Proprio perché Amore ha creato l’uomo libero. E con il suo libero arbitrio decide da che parte stare: se con Dio sommo Bene e somma Felicità o con Satana, sommo male e somma infelicità. Il cattivo uso del suo libero arbitrio dà all’uomo la possibilità di decidersi per una vita rovinata radicalmente dal sistema del peccato. Ciò equivale ad essere un inferno dentro di sé.
Certo Dante dà un volto poetico ad una realtà del tutto invisibile, perché spirituale. Descrive ciò che avviene nel cuore dell’uomo in termini plastici, con concretezza di immagini. L’Inferno è l’esito di un tale Amore di Dio verso l’uomo da consentirgli di decidere liberamente la sua destinazione eterna. Non è dunque Dio che manda all’Inferno, che in quanto luogo è solo figura poetica. È l’uomo stesso che decide se essere inferno. Quell’inferno che è dentro di lui. Per sempre. Irreversibile. A causa della superbia che lo inchioda, liberamente, nella sua decisione di vivere nella condizione infernale, di assoluta infelicità, creata dal sistema del peccato, intessuto di ateismo, idolatria, egoismo, superbia, cattiveria, avarizia, lussuria… Perdendo in tal modo “il Bene dell’intelletto”, che è Dio stesso.
Solo alcuni versi: “Per me si va nella città dolente, / per me si va nell’eterno dolore, / per me si va tra la perduta gente. / Giustizia mosse il mio alto Fattore: / fecemi la divina potestate, / la somma sapienza e ’l primo amore. / Dinanzi a me non fuor cose create / se non eterne e io eterna duro. / Lasciate ogni speranza, voi ch’entrate… Tu vedrai le genti dolorose / ch’hanno perduto il ben dell’intelletto” (Inferno, III, 1-9.17-18).
† Giuseppe Zenti
Vescovo emerito di Verona

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