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Stress da lavoro correlato: un rischio da valutare e da evitare

La presenza di situazioni di stress, inteso come reazione dell’organismo rispetto alle richieste a cui viene sottoposto, è normale sia nella vita privata che nel lavoro; tuttavia, quando diventa eccessivo e continuativo, lo stress può sfociare nella manifestazione di sintomatologie fisiche ed emotive che incidono sia sulla qualità della vita che sulle prestazioni lavorative.

La presenza di situazioni di stress, inteso come reazione dell’organismo rispetto alle richieste a cui viene sottoposto, è normale sia nella vita privata che nel lavoro; tuttavia, quando diventa eccessivo e continuativo, lo stress può sfociare nella manifestazione di sintomatologie fisiche ed emotive che incidono sia sulla qualità della vita che sulle prestazioni lavorative.
Lo stress di per sé non è una malattia, bensì una condizione provocata da fattori esterni che incidono sulle capacità dell’individuo. Si parla di “stress da lavoro correlato” quando a causarlo è il protrarsi di fattori propri del contesto e del contenuto lavorativo troppo intensi e sproporzionati alle capacità del lavoratore. Si tratta di una problematica in ascesa tra i lavoratori che le aziende non possono sottovalutare, sia perché garantire il benessere dei lavoratori consente di ottenere prestazioni lavorative di qualità superiore sia perché la legge impone al datore di lavoro, che impieghi almeno un dipendente, la redazione del documento di valutazione dei rischi, il cosiddetto Dvr, obbligatorio dal 2011.
La normativa di riferimento è il D. Lgs. 81/2008 che classifica lo stress da lavoro correlato come uno dei rischi soggetti a valutazione nel rispetto dei contenuti esplicitati nell’accordo europeo del 2004. Nel 2010 poi, la Commissione consuntiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro ha individuato le regole da seguire per un monitoraggio efficace, prima fra tutte l’obbligo della valutazione del rischio ogni tre anni, salvo ovviamente che non esistano situazioni pregresse gravi che richiedano l’adozione di provvedimenti più restrittivi.
Anche l’Inail ha delineato gli indicatori delle fonti di stress nell’ambiente di lavoro, correlandoli sia al contesto lavorativo sia al contenuto del lavoro. Tra i primi risultano particolarmente significativi quelli legati all’organizzazione del lavoro, quindi problemi legati alla comunicazione, ai livelli di sostegno, all’assenza di obiettivi professionali, all’ambiguità del ruolo all’interno dell’azienda, alla mancanza di autonomia rispetto alle responsabilità assegnate al lavoratore, alla difficoltà a gestire i rapporti interpersonali sul luogo di lavoro.
Quanto al contenuto proprio del lavoro, le fonti di stress possono derivare da orari di lavoro particolarmente pesanti, da carichi di lavoro eccessivi, da un’inadeguata organizzazione e, non da ultime, da carenze infrastrutturali del luogo di lavoro, come ad esempio scarsa illuminazione, temperature disagevoli, scarse condizioni igieniche, spazi insufficienti.
Insomma, la valutazione del rischio da stress da lavoro correlato non deve far emergere una situazione individuale quanto piuttosto la situazione complessiva dei diversi reparti aziendali tale da evidenziare, per prevenirle, potenziali situazioni di disagio. Il datore di lavoro che non ottempera agli obblighi normativi è passibile di sanzioni anche gravi, con multe che possono arrivare fino a oltre 6mila euro, o addirittura, nell’ipotesi di omessa redazione del Dvr, all’arresto da tre a sei mesi.

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